Non smetterò mai di ricordare questo momento che rappresenta uno dei capitoli più significativamente atroci della lotta alla mafia, alle organizzazioni occulte che come sanguisughe tolgono linfa vitale alla Sicilia.
Sistemi criminali che incancreniscono il loro potere a cominciare dai più piccoli che emulano padri, madri, zii, nonni, parenti che hanno fatto parte e fanno parte della mafia, bambini e ragazzini abbagliati da tanto potere anche se è sopraffazione. L’educazione alla mafia inizia presto purtroppo. Amiche palermitane in una scuola mi hanno raccontato vari episodi.
Il sistema mafioso che uccide chi tenta di fermarlo, massacra senza pietà e non ci inganni la definizione di “mafia dai colletti bianchi”: anche oggi sa essere altrettanto sanguinaria.
Forse i figli di mio nipote Riccardo – oggi ha quasi sei anni – potranno vedere una Sicilia che inizierà veramente a essere libera da quel peso, da quel cancro sociale-economico che è la mafia.
Il Grifone, l'artiglio, la penna e la forchetta
Solo un accennato ricordo, ferita sempre aperta, per i siciliani e per l’Italia intera. Il 23 maggio 1992 in Sicilia furono uccisi il magistrato Giovanni Falcone, la moglie Francesca Morvillo, anch’essa magistrato e gli uomini della scorta Antonio Montinaro, Rocco Dicillo, Vito Schifani. La strage di Capaci, la mano della mafia pronta a uccidere e a distruggere.
Criminali, assassini, stragisti, morbo della società: ecco come definire coloro che hanno letteralmente immerso le mani nel sangue. Mostruosi carnefici come Giovanni Brusca, il killer effettivo della strage di Capaci, boss e braccio della mafia, soprannominato “u verru” che sta per “il porco”, ma detto anche “scannacristiani“, autore o mandante di circa 150 omicidi, colui che fece sequestrare e poi uccidere Giuseppe Di Matteo, figlio neppure tredicenne del pentito Santo Di Matteo, facendone sciogliere poi il corpo nell’acido in modo che non…
View original post 187 altre parole
Già, ricordo bene quell’anno; stavo per compiere 17 anni e dissi “vorrei da grande avere solo la metà del coraggio del signor Giovanni”; lui e il collega Borsellino, due eroi molto più importanti dei vari idoli musicali e sportivi che la tv ci offre; più di quelli che vanno in piazza a urlare “no qui no lì”. Due persone che, per la Sicilia e l’Italia intera, hanno perso la vita.
La cultura mafiosa nasce fin da piccoli? Già, altra storia che mi colpì all’epoca fu quella di Rita Atria. Giovanissima ragazza quasi mia coetanea che alla morte di Borsellino si tolse la vita, dopo esser stata messa sotto protezione perché lei, ai crimini della propria famiglia, decisamente non voleva stare. E sua madre cosa fece? Devastò la sua tomba a martellate. Una ragazza che in un mondo migliore credeva davvero, ha cercato anche di fare la sua parte, ma è stata delusa nel peggiore dei modi proprio da chi avrebbe dovuto amarla.
Gifter
"Mi piace"Piace a 1 persona
Su questa influenza mafiosa in alcune famiglie ne avrei da raccontare. Devo ricordarmi dove ne ho fatto accenno scrivendo
"Mi piace"Piace a 1 persona
Abbiamo trovato qualcosa di interessante (nel male) riguardo alla cultura mafiosa: queste donne che, di fatto, sembrano comandare su tutto e tutti ma alla fine loro fanno solo quello per cui sono state istruite dai capi maschi.
Eppure probabilmente, se non ci fossero loro, i bambini non considerebbero “normale” la vita mafiosa. Non si sentirebbe dire anche gente giovane che Messina Denaro era una bravissima persona – e probabilmente per quelle teste lo sarà stato anche Brusca.
La storia di Pino Di Matteo poi… Se la memoria non mi inganna, il ragazzino inizialmente si fidava anche, di chi se l’è portato via.
"Mi piace"Piace a 1 persona
Il ruolo di alcune donne nelle organizzazioni mafiose è fondante. Se non ci fossero loro le famiglie di mafia non si reggerebbero in piedi proprio per il regime violento e di dominio assoluto che autodistruggerebbe questi gruppi.
Tant’è che tra i cosiddetti pentiti, quante se ne contano. Spessissimo non sono elementi passivi e ubbidienti. Sono consapevoli della loro realtà e la tutelano.
Logico che non siano tutte così, molte restano soggiogate anche tentando di tutelare i figli… senza riuscirci perché restano invischiati nel sistema delle famiglie di mafia. Con eccezioni come Giuseppe-Peppino Impastato che si ribellò alla sua stessa famiglia: per questa sua lotta alla mafia per la sua denuncia dei crimini e degli affari dei mafiosi di Cinisi e Terrasini, fu ucciso dagli uomini di Gaetano Badalamenti che era il successore capomafia dello zio di Peppino
"Mi piace"Piace a 1 persona
E anche lì, fu fondamentale il ruolo della madre. Felicia Impastato. Vado sempre a memoria!
Io personalmente sono affascinato dalle storie delle organizzazioni in cui la famiglia è una gerarchia; sì il legame di sangue ma la stima devi meritarla!
E la mafia è, nel male, l’emblema di questo. Dici “se non ci fossero le donne certi clan non si reggerebbero in piedi” eppure credo che non siano trattate col tappetino rosso davanti, ma i mariti le menano.
"Mi piace""Mi piace"