Cultura e spiritualità “Fra Oriente e Occidente” l’8 e il 9 settembre a Palermo

La Sicilia, incastonata nel Mediterraneo tra Oriente e Occidente, tra Nord e Sud, un luogo unico che ha visto incontrarsi e confrontarsi culture anche molto diverse tra loro. Proprio perché cornice ideale e naturale, nell’Isola l’8 e il 9 settembre a Palermo, Museo Riso (link), corso Vittorio Emanuele 365, sarà il momento di analizzare i tanti rapporti “Fra Oriente e Occidente” dal punto di vista culturale, spirituale, simbolico, artistico, antropologico.

Palazzo Belmonte Riso – foto nel pubblico dominio

Il museo che ospiterà questo momento prende il nome proprio dall’antico edificio, Palazzo Belmonte Riso, voluto in stile Neoclassico da colui che lo progettò nel 1784, l’architetto italiano Giuseppe Venanzio Marvuglia. Grande casa che fin dall’inizio appartenne a Giuseppe Emanuele Ventimiglia, Principe di Belmonte. Nel XIX secolo passò alla famiglia Riso.

Tra gli edifici danneggiati nei bombardamenti della II Guerra Mondiale (una bomba lo centrò facendolo crollare in parte distruggendone preziosi affreschi), Palazzo Belmonte Riso passò un lungo periodo di abbandono fino al suo recupero, all’inizio dei restauri (da metà anni 90) e al suo allestimento, iniziato nel 2008, per farne il Museo regionale d’arte moderna e contemporanea di Palermo.

I due momenti di questa avventura tra i saperi, tra culture, i diversi modi di intendere lo spirito fra Oriente e Occidente

Per questa tavola rotonda, organizzata in collaborazione con l’Officina di Studi Medievali e Naxoslegge, saranno presenti:

  • Alberto Samonà, giornalista e scrittore (“L’Oriente necessario”);
  • Patrizia Spallino, Dipart. Culture e Società Università degli Studi di Palermo (“L’Oriente e l’Occidente orante. Pratiche e misteri”);
  • Grazia Marchianò,Orientalista, responsabile Fondo Scritti Elémire Zolla (“La congiunzione dei due oceani: l’apertura alla sapienza indiana del martire persiano seicentesco Dara Sikoh”);
  • Yousra Haddaoui,Docente Institut Bourguiba des Languages Vivantes, Tunisi (“I modelli islamici sociali in Europa”);
  • Padre Alessio Mandanihiotis, Archimandrita Ortodosso (“Oriente in Sicilia e Sud Italia”);
  • Amal Oursana Medico agopuntrice, semazen (“Espressioni di anatomia spirituale comuni tra Sufismo e Taoismo”);
  • Maria Rizzuto, Dipart. Scienze Umanistiche Università degli Studi di Palermo (“Chiese invisibili: pratiche rituali e musicali dei Cristianesimi d’Oriente in Sicilia”).

Il tema dell’incontro, “Conoscenza e spiritualità fra Oriente e Occidente”, è un passaggio verso l’indagine su alcune tradizioni abitualmente definite orientali, quelle che in Sicilia hanno avuto particolare diffusione.
È anche un modo per percorrere grazie a vari itinerari di conoscenza, la “Via della Seta”, in un rapporto di comunicazione e scambio che, nei secoli, ha visto viaggiare non soltanto stoffe, pietre preziose e merci varie, ma anche espressioni culturali, tradizioni e forme di conoscenza.
Il Mare nostrum, il nostro Mediterraneo, crocevia di saperi, ne custodisce molteplici esempi.

L’ingresso all’evento è gratuito, ma visto il numero limitato di posti, la prenotazione è obbligatoria: da effettuare tramite il link https://terzomillennio.organizzatori.18tickets.it/event/27867.

Lo spettacolo è incentrato sulla spiritualità dei sufi, di cui la città di Bukhara in Asia Centrale fu in vari periodi uno dei centri più importanti.

  • Narrazioni e teatro con Stefania Blandeburgo e Davide Colnaghi.
  • Musica e canti sufi con Tito Rinesi & Ensemble DargahTito Rinesi (voce, tamburo a cornice, saz), Piero Grassini (oud e voce), René Rashid Scheier (flauto ney) e Flavio Spotti (percussioni e voce).
  • Danze dei dervisci e coreografie con Grazia Cernuto (danze persiane) e Amal Oursana (danze sufi).
  • Il testo è del giornalista e scrittore Alberto Samonà. Produzione “Terzo Millennio Progetti Artistici”.

Il tema dell’incontro, “Conoscenza e spiritualità fra Oriente e Occidente”, è una porta per meglio indagare alcune tradizioni abitualmente definite orientali, quelle che in Sicilia hanno avuto particolare diffusione.
È anche un modo per percorrere, attraverso vari itinerari di conoscenza, la “Via della Seta”, in un rapporto di comunicazione e scambio che, nei secoli, ha visto viaggiare non soltanto stoffe, pietre preziose e merci varie, ma anche espressioni culturali, tradizioni e forme di conoscenza.
Il Mare nostrum, il nostro Mediterraneo, crocevia di saperi, ne custodisce molteplici esempi.

“Il Derviscio di Bukhara”

È un vero e proprio viaggio compiuto attraverso narrazioni, musica e danze sufi e persiane.
Una sorta di pellegrinaggio nella conoscenza e nell’avventura che conduce il pubblico fra le magie dell’Oriente conoscendo simboli, racconti e analogie proprie del Sufismo.

Non si tratta di uno spettacolo teatrale, musicale o di danza, ma è semmai un invito alla ricerca interiore e alla scoperta di un universo che si dischiude in una dimensione senza tempo, ancorché antica di secoli. Un gesto di ringraziamento e al tempo stesso, una preghiera.

È un incontro fra tradizioni: la spiritualità dell’Asia Centrale, le danze dei dervisci e quelle di più marcata influenza persiana, la musica sufi dell’area ottomano-turca e del vicino Oriente e le narrazioni circolari e rituali dell’Asia. Un incontro che è metafora di un viaggio lungo la “Via della Seta”, di cui la città di Bukhara fu tappa fondamentale, meta di viaggiatori di ogni provenienza che attraversavano vasti territori su questa rotta che congiungeva e congiunge, spiritualmente e culturalmente, Oriente e Occidente, fino al Mediterraneo.

Al centro della vicenda narrata c’è l’arte dei tappeti, che in questi luoghi si tramanda da sempre e che schiude alla conoscenza di antichi saperi. Ma è anche un racconto d’amore: fra i riferimenti e le fonti a cui si ispira lo spettacolo, infatti, vi sono fiabe e poemi orientali, fra cui la storia di “Leyla e Majnun” di Nizami Ganjavi, poeta persiano del XII secolo d.C.
Il testo è arricchito dall’inserimento di racconti della tradizione del Sufismo.

Le armonie musicali e i canti patrimonio dei dervisci accompagnano sovente il sacro rito dello zhikr e le danze sacre danno la possibilità di scoprire un universo sacro che congiunge il nostro piano con quello Divino. Allo stesso modo, il ritmo della voce completa l’opera in una “circolarità rituale”, propria della tradizione dei cantastorie erranti d’Oriente.

“Il derviscio di Bukhara” può, dunque, essere considerato come la ricerca di un incontro con il piano universale, che avviene mediante la parola, il suono e il movimento.

Lascia un commento