Roma Culture, Sovrintendenza Capitolina ai Beni Culturali e il Museo del Louvre si sono accordati. L’indice di bronzo torna dal Louvre a Roma per riattaccarsi alla mano dell’Imperatore Costantino… ma solo per qualche anno. Ne sono passati (forse) 1500 da quando le due falangi dell’indice sinistro si spezzarono (o furono spezzate), separate dalla mano che apparteneva al colosso in bronzo (330 d.C. circa) dorato raffigurante il primo Imperatore Romano che diede fine alla persecuzione dei cristiani.



Musei Capitolini, l’indice tornato a Roma dal Louvre di Parigi e la mano sinistra del colosso in bronzo dorato raffigurante Costantino I, pre e post ricollocazione del frammento mancante. Ultima immagine di Zeno Colantoni
La riunione del frammento mancante è un altro passo per celebrare i Musei Capitolini: in questo 2021 compiono 550 anni dalla loro istituzione (nel 1471, a opera di Papa Sisto IV che donò al popolo romano un gruppo di statue bronzee).
Come comunicato dagli stessi Musei Capitolini, “da oggi il pubblico potrà ammirare la mano del colosso bronzeo di Costantino dei Musei Capitolini ricomposta con il frammento del dito in bronzo, coincidente con le due falangi superiori di un indice, proveniente dal Museo del Louvre, grazie alla generosa disponibilità del suo Presidente-Direttore Jean-Luc Martinez. È esposta nell’Esedra del Marco Aurelio insieme agli altri bronzi, già in Laterano, donati al Popolo Romano da papa Sisto IV nel 1471“.
Da parte sua il Museo del Louvre, annunciando la ricollocazione a Roma delle ultime due falangi dell’indice sinistro appartenenti alla mano del colosso bronzeo di Costantino, ha annunciato:
“… il deposito rinnovabile di un’opera antica, un dito di bronzo, nei Musei Capitolini di Roma. Da oggi il pubblico potrà ammirare la mano della colossale statua in bronzo dorato dell’Imperatore Costantino proveniente dai Musei Capitolini completata dalle due falangi di questo indice. Questo grande dito in bronzo dorato (38 cm) proviene dall’ambiziosa collezione del marchese Giampietro Campana, acquistata in gran parte da Napoleone III dopo la sua dispersione nel 1861 e presentata dal 1863 nelle sale del Museo del Louvre“.
Quando il Louvre indica “deposito rinnovabile”, intende l’estensione per altri cinque anni… poi il pezzo di indice bronzeo dovrà (dovrebbe) tornare a Parigi.
Come evidenzia Roma Culture, il frammento in bronzo arrivò a Parigi nel 1860 insieme a buona parte della collezione del marchese Giampietro Campana, uno dei protagonisti del panorama collezionistico romano degli anni centrali dell’Ottocento.
E la vicenda di oggi mi consente di scrivere su una storia e su un uomo del passato. Proprio sul Marchese Campana.
Su questo nobiluomo del 1800 per adesso anticipo solo che fu personaggio di grande potenza e di notevole influenza nell’ultimo periodo dello Stato Pontificio. Poi cadde in disgrazia, indebitato e accusato di aver utilizzato fondi dello Stato. All’unificazione italiana, con Roma Capitale, il marchese tornò dall’esilio con un’idea precisa: poter avere in rimborso quanto intascato dall’ex Stato Pontificio con la vendita all’asta della collezione che gli era stata confiscata, una preziosa e ingente raccolta composta da antichi reperti e da opere d’arte più recenti.



Foto di Zeno Colantoni – Musei Capitolini: l’indice riunito alla mano sinistra
Tornando al pezzo finale dell’indice sinistro (le ultime due falangi) finito a Parigi nel 1860, già due anni fa, nel 2018, ne era stata provata l’appartenenza alla mano del colosso imperiale portando a Roma una sua perfetta riproduzione in 3D: i lembi combaciavano perfettamente. Da lì iniziarono le trattative fra gli enti italiani e francesi.
Il colosso in bronzo di Costantino è uno dei maggiori simboli storici e nei Musei Capitolini è conservata la testa, la mano sinistra, con alcuni frammenti mancanti in corrispondenza del dito indice, del medio, dell’anulare e del palmo. Tra i pezzi del colosso anche una grande sfera un tempo sorretta dalla mano.
Dopo la fase del riconoscimento della porzione di indice come parte del colosso bronzeo, è seguita una prima fase con due mostre. Realizzato un calco in vetroresina della porzione di dito, questa fu ricomposta e la presentazione della mano originale completata con le falangi mancanti fu esposta durante due grandi mostre dedicate alla Collezione Campana: Un rêve d’Italie. La collection du marquis Campana, al Museo del Louvre, e A Dream of Italy. The Marquis Campana Collection, all’Ermitage di San Pietroburgo.
La ricostruzione storica sulle vicende che riguardarono i frammenti del colosso raffigurante Costantino I
I Musei Capitolini e Roma Culture, in occasione di questa riunione dei frammenti, hanno riproposto la storia di questa grande statua per come sono arrivate le notizie in documenti che compaiono dal XII secolo.
La prima descrizione dei frammenti del colosso bronzeo di Costantino risale alla metà del XII secolo, quando questi si trovavano ancora in Laterano.
La maestosità dei resti, in cui per lungo tempo si è voluto riconoscere il colosso del Sole eretto un tempo accanto all’Anfiteatro Flavio, denominato Colosseo per assimilazione con esso, e la preziosità del materiale sono menzionati in numerose cronache e descrizioni medioevali e quattrocentesche.
La mano con il globo (integra) e la testa, ciascuna collocata su un capitello, sono riconoscibili in un disegno attribuito a Feliciano Felice del 1465, in cui campeggia, al centro, la statua equestre del Marco Aurelio, anche questa, fino al 1538, in Laterano.
E ancora…
Con il trasferimento in Campidoglio nel 1471, la testa colossale trova la sua sistemazione sotto i portici del Palazzo dei Conservatori.
L’ultima attestazione dell’integrità della mano è documentata da fonti databili entro la fine degli anni Trenta del Cinquecento.
Testimonianze grafiche, di poco successive, mostrano la mano colossale separata dalla sfera e con l’indice già privo delle due falangi superiori. Il frammento oggi al Louvre, dunque, potrebbe essere entrato nel circuito del mercato antiquario romano già in questa fase molto precoce.
Nulla si sa del frammento fino alla sua ricomparsa, nella prima metà dell’Ottocento nella collezione del Marchese Campana. Ulteriori ricerche potranno chiarire le vicende del frammento in questo ampio lasso di tempo.
Chi era il Marchese Giampietro Campana, personaggio potente dello Stato Pontificio e collezionista d’Arte?

Questo potente nobiluomo e grande collezionista d’Arte del XIX secolo, era nato a Roma nel 1808 e morto nel 1880 nella stessa città. In questi 72 anni di vita ne cose ne sono accadute, l’arrivo al potere più estremo e a grandi ricchezze fino al tramonto, all’esilio, alla perdita di un patrimonio in immobili, contanti, proprietà e reperti archeologici ritrovati e collezionati negli anni precedenti da vari siti laziali e romani.
Divenne marchese di Cavelli nel 1849, inserì nella sua raccolta anche i dipinti di maestri del XIV e XV secolo, i cosiddetti “primitivi” oltre a gioielli in oro sia di età ellenistica che romana.
Famiglia originaria dell’Aquila, la strada di Giampiero Campana era già stata spianata, se così si può dire, dal nonno Giampietro e suo padre Prospero, protagonisti a Roma nella gestione del Monte di Pietà. Gestione in cui lui stesso entrò nel 1831 come assistente e, dopo due anni, ne divenne direttore generale.
L’influenza nel mondo papalino crebbe velocemente, Papa Gregorio XVI lo nominò Cavaliere dell’Ordine di San Gregorio Magno come riconoscimento per la riorganizzazione del Monte di Pietà e per i prestiti dati dall’Ente alla Santa Sede. Già nel 1836 caldeggiò la formazione della Cassa di Risparmio di Roma, ne fu tra gli originali fondatori e primo direttore.
Dal padre ereditò anche un’iniziale collezione di reperti e di opere d’arte e, da quel momento, per Giampietro Campana fu un crescendo nella ricerca di antichi oggetti tra il mercato antiquario e l’ottenimento di autorizzazioni allo scavo in zone archeologiche (uno dei primi fu nel 1829 a Frascati: lì la famiglia aveva l’uso di immobili di proprietà della Camera Apostolica).
Già quando divenne membro dell’Accademia delle Scienze di Torino (1844), il suo patrimonio di opere era molto ricco: bronzi e sculture in marmo, rilievi architettonici romani di terracotta detti anche oggi “lastre Campana”; e ancora, ceramiche, monete, medaglie.
Oggetti che Giampietro Campana teneva esposti nella sua villa al Laterano.





Immagini che danno un’idea di una porzione della Collezione Campana nella sua sezione di antiche statue greco-romane, ma anche di alcuni degli ambienti espositivi di villa Campana a San Giovanni in Laterano e di Palazzo Campana in via del Babuino – da “The Campana Museum of ancient marbles in nineteenth-century photographs” di Michele Benucci e Susanna Sarti per “Journal of the History of Collections“, marzo 2011.
Dirigendo prospezioni archeologiche scoprì il colombario di Pomponio Hylas e di due altri colombari vicino al sepolcro degli Scipioni. Su tutto questo compilò una pubblicazione, mentre un’altra la redasse per descrivere le “lastre Campana”, la sua collezione di bassorilievi in terracotta di epoca repubblicana.
Tutto questo è solo un assaggio, perché ottenne permessi anche per scavare nel sito archeologico di Ostia e in altri luoghi.
Ricca la Villa Campana, struttura di famiglia ereditata dal nonno, posta nella parte superiore del Colle del Celio, accessibile dai cancelli in ferro battuto aperti su via di Santo Stefano Rotondo appena fuori via San Giovanni in Laterano.
Una residenza magnifica quella del marchese, iniziando dalla struttura architettonica, ampliata, abbellita, dava l’impressione di un tempio dell’antica Roma, circondata da un gigantesco giardino, grotte, fontane e lì Giampietro Campana fece ricostruire persino una tomba etrusca che fece compagnia ai resti lì esistenti della domus di Plauzio Laterano e a ciò che rimaneva dell’Acquedotto Claudio.
Un vero tempio al passato della grande Roma storica, tanto ricca di arredi e celebre per la collezione d’arte lì custodita che nel settembre del 1846 fu visitata da Papa Pio IX.
Il massimo splendore del marchese Giampietro Campana arrivò con le relazioni intessute verso la Corona dei Borbone Due Sicilie, il matrimonio (1851) con Emily Rowles che, per connessioni familiari, era vicina al principe Luigi Napoleone, poi Imperatore Napoleone III. L’incarico di consigliere del Granduca di Sassonia-Weimar, la celebrazione Pontificia Accademia Romana di Archeologia del Natale di Roma 1851 proprio nella sua villa al Celio e tantissimo altro (per brevità non continuo) che portò quest’uomo alle stelle.
La rovina
La faccio breve perché mi disturba descrivere la fase calante di chiunque, ancora più di chi, a torto o a ragione, ha visto la totale rovina pur contribuendo a rimettere in luce il passato storico e culturale di una nazione.

Il marchese Giampietro Campana si trova in difficoltà. Il suo debito è pare a quasi un milione di scudi, equivalenti a oltre cinque milioni di lire o di franchi dell’epoca. Un indebitamento accumulato in soli tre anni. Viene comunque attratto da altri acquisti di opere e reperti, deve continuare a chiedere prestiti.
Così Campana impegna la collezione di gioielli antichi e altre sezioni della sua collezione d’arte e di reperti, blocca i lavori di ristrutturazione e abbellimento della villa del Vignola a Frascati che doveva diventare nuova sede del suo vasto patrimonio di oggetti antichi e pittorici.
Nel novembre del 1857 viene arrestato con l’accusa – e poi condannato – di malversazione dai fondi pubblici che lui stesso doveva curare. Dalla prima condanna a 20 anni di reclusione, la pena muta nell’esilio.
Lo scandalo è enorme, anche a livello internazionale. Campana prima fuggì a Napoli, poi oltre le Alpi.
L’immensa collezione viene sequestrata dallo Stato Pontificio, poi la pubblicazione per la messa all’asta. Da qui lo smembramento del patrimonio artistico.
Stepan Gedeonov, curatore per lo Zar del Museo dell’Ermitage di San Pietroburgo, ottiene la possibilità di scelta degli oggetti preferiti prima della messa all’incanto del tutto. Stesso privilegio viene dato al Metropolitan Museum of Art di New York e al Victoria and Albert Museum di Londra.
I gioielli antichi affidati all’atelier Castellani dove alcuni pezzi furono restaurati e altri riassemblati da Fortunato Pio Castellani. Alla fine, tutti questi pezzi di alta e antica oreficeria furono acquistati dal Louvre di Parigi dove si trovano ancora oggi, museo che conserva anche le ceramiche greche della collezione Campana suddivise in ben nove gallerie.
Gli affreschi trasferiti su tela – scuola di Raffaello – eseguiti nel 1523-1524 nella Villa Palatina a Roma, andarono a San Pietroburgo arricchendo la collezione Campana all’Ermitage.
Nel 1870 il marchese Campana tornò a Roma dopo aver vissuto male e con pochi mezzi a Ginevra prima e poi a Parigi. Cercò di rivendicare i profitti incassati dall’ex Stato Pontificio vendendo la sua ex collezione.
Campana non arrivò a nulla.
Anche la magnifica Villa che ho descritto prima, si trovò in pericolo demolizione rientrando in un progetto di lottizzazione ed edificazione nel 1873, piano che in quel momento fallì. Diversi anni dopo, nel 1890 sulla proprietà passò il via libera per un nuovo progetto di edificazione.
L’attuale esposizione ai Musei Capitolini: Per informazioni sugli ingressi e sull’acquisto dei biglietti www.museiincomuneroma.it (link).
Aggiunte immagini e antiche foto su Villa Campana e su Palazzo Campana che custodivano la ricchissima collezione del Marchese Giampietro Campana. Le foto mostrano anche una porzione della collezione di antiche statue
"Mi piace""Mi piace"