Sicilia, archeologia a Selinunte: le scoperte a fine scavi della New York University e dell’Università Statale di Milano

Il sito archeologico di Selinunte, in provincia di Trapani, continua a riaffermare la sua grande importanza. Non è solo l’area archeologica della Magna Grecia più estesa al mondo comprendendo un’area di circa 270 ettari, ma regala sempre nuove sorprese alle squadre di archeologi che lavorano alla ricerca di testimonianze dal passato. L’ultima in ordine di tempo riguarda il bilancio a fine campagna di scavi della New York University e dell’Università Statale di Milano.

Ma tanti altri sono i gruppi di ricerca italiani e dal mondo che stanno esplorando il sito archeologico comprendendo anche quello di Pantelleria.

L’ultima scoperta a Selinunte

L’importanza del sito di Selinunte (link), Σελινοῦς in Greco, è dettata dalla sua unicità. È tra le più ricche, estese e straordinarie aree archeologiche al mondo: la sua superficie si estende su circa 270 ettari e rappresenta una testimonianza del passato per quanto riguarda l’urbanistica, la scultura, le creazioni dettate dalla celebrazione e dall’allestimento funerario, ma anche esempio di architettura militare per la vicinanza con l’area siciliana sotto il controllo dei cartaginesi e testimonianza vitale dell’architettura templare.

Gli ultimi ritrovamenti riguardano una grande piattaforma addossata al fronte del monumentale Tempio R. Con ogni probabilità era destinata ad altare: è la più importante scoperta di quest’ultima sessione di ricerca.

La datazione del monumento è certa, facendo risalire la struttura al 570 a.C. Questo spazio è intatto nei livelli antichi non essendo stato oggetto di scavi in età postantica o moderna.

La situazione vale, in particolare, per la zona dove si suppone si trovasse l’altare (più a sud dell’area scavata quest’anno), oggi occupata dai blocchi dell’architrave del Tempio C: crollati in età medievale sono stati risistemati nella posizione attuale, a fine 1800, da Francesco Saverio Cavallari.

La rimozione dei blocchi potrà consentire l’esplorazione del resto della piattaforma e dell’altare.

Selinunte – Foto ©Angelo Campus

Non lontano dall’area dove si ipotizza si trovasse l’altare, sono state rinvenute anche due punte di lancia e un corno di capra che si suppone fossero deposizioni votive databili all’epoca della costruzione del Tempio R. Questi oggetti arricchiscono la serie impressionante di offerte – prevalentemente armi e animali – associate con la costruzione dell’edificio sacro.

Infine, nel riempimento ellenistico che ha sigillato il Tempio R e l’area circostante nei suoi livelli arcaici e classici, è stato rinvenuto un braccio in marmo di grandezza naturale, appartenente a una statua di circa 1 metro e 80 che può essere associato a un frammento di avambraccio trovato quattro anni fa e realizzato nello stesso materiale e con le stesse proporzioni.

Come sottolineato dai ricercatori, i due frammenti dovrebbero appartenere una statua di kouros, il tipo statuario maschile principale della scultura greca arcaica. La statua, che con ogni probabilità aveva funzione votiva nell’ambito del grande santuario urbano, potrebbe essere stata danneggiata quando i cartaginesi presero Selinunte nel 409.

Con tutta probabilità la scultura fu smembrata e riutilizzata come materiale di riempimento e riciclo in età ellenistica. La prosecuzione delle ricerche potrebbe portare alla scoperta di ulteriori frammenti della statua che rappresenta una testimonianza importante dei rapporti esistenti tra Selinunte e l’isola di Paros, sulla scia del Giovane di Mozia a Selinunte.

I risultati della campagna di ricerca appena condotta – sottolinea Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana – sono di grande importanza per la conoscenza del santuario urbano costruito tra la fine del settimo e la fine del quarto secolo a.C.. Gli scavi condotti a Selinunte, durante questa florida stagione dell’archeologia siciliana e la ripresa delle relazioni con le università di tutto il mondo stanno aprendo la strada alla realizzazione di un laboratorio che vede impegnati, durante tutto l’anno, giovani e studiosi che arrivano in Sicilia da ogni parte. Un’esperienza che restituisce elementi interessanti ai fini della ricostruzione storica della Sicilia antica per una primavera dell’Archeologia in Sicilia, che appare sempre di più come una stagione, non soltanto proficua, ma soprattutto duratura e in grado di consolidare solide relazioni internazionali”.

Il progetto del Parco, in linea con le direttive dell’assessore Samonà, punta alla realizzazione a Selinunte di un grande laboratorio, prodromico alla costituzione di una scuola di specializzazione in archeologia – rimarca Bernardo Agrò, direttore del Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria – Giovani archeologi provenienti dalle diverse parti del mondo sono già presenti nell’area del Parco archeologico e il progetto “I laboratori permanenti delle arti e delle scienze” prevede lo scambio costante di esperienze tra giovani archeologi siciliani e colleghi di altra formazione. In tal senso è forte la collaborazione con l’Università di Palermo che è coinvolta in maniera diretta con il professore Aurelio Burgio e il decano Oscar Belvedere che lavora con l’Università di Berlino. Inoltre, due archeologi siciliani fanno attualmente parte della missione diretta dal professor Marconi. Si tratta di un progetto molto importante che offre ai giovani studiosi siciliani la possibilità di fare pratica sul campo con esperienza già nel periodo della formazione accademica”.

Le missioni partecipanti all’ultima campagna di scavi a Selinunte

I ritrovamenti concludono la grande campagna di indagini archeologiche e di scavi condotta nell’area archeologica dall’Institute of Fine Arts della New York University e dall’Università Statale di Milano con il coordinamento scientifico della direzione del Parco che sta puntando sul recupero dell’attività di studio e ricerca, rafforzando molto i rapporti con le Università.

Il programma di ricerca quest’anno, infatti, oltre all’attività condotta con la New York University e con il Politecnico di Milano, registra la collaborazione con l’Istituto Germanico di Roma, le università di Berlino (in corso scavi e indagini area nord Agora), Bonn (Porto orientale a partiree dal 23 Agosto), Lublin (ricerca georadar teatro a partire da settembre), Urbino (indagini conoscitive del Tempio G).

A Pantelleria si scava nell’area dei Sesi con l’Università di Bologna (professor Maurizio Cattani) e nell’area dell’acropoli con l’Università di Tubinghen (professor Thomas Schaffer).

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4 commenti Aggiungi il tuo

  1. Antonio Gaggera ha detto:

    Mi fa molto piacere che tante istituzioni accademiche e culturali stiano dando impulso a scavi e ricerche nel Parco Archeologico di Selinunte. Il sito, che ha ancora tante aree da esplorare, merita tanta attenzione per le potenzialità archeologiche che lo caratterizzano. Le stratificazioni cronologiche, la ricerca dell’anfiteatro (non è possibile che una città come Selinunte non ne avesse uno e l’ipotesi che ce ne fosse uno di legno mi sembra trascurabile), l’esplorazione delle zone esterne all’acropoli promettono di riservarci grandi sorprese.
    Spero che questo fervore archeologico sia accompagnato da un’adeguata attività di manutenzione e promozione (sostenibile) per attirare visitatori da tutto il mondo. La maestosità del parco, le bellissime spiagge, i possibili itinerari gastronomici, il territorio circostante (la provincia di Trapani), ricchissimo di testimonianze storiche, culturali, naturalistiche, meritano più attenzione.

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Proprio così, il sito archeologico ha tanti “tesori” ancora nascosti e deve rivelarci tanti aspetti. Purtroppo negli scorsi anni ho dovuto raccontare anche di saccheggi alle sepolture fatti dagli anni 60 e 70. Un grosso trafficante è di Castelvetrano: aveva depositi in un porto franco in Svizzera, uno sterminato database in foto e schede di materiale depredato anche in tutto il Sud Italia, dati che sono stati inseriti nell’archivio dei Carabinieri TPC per recuperare reperti venduti clandestinamente in tutto il mondo

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      1. Antonio Gaggera ha detto:

        Questo è un un’altro fenomeno, insieme all’abusivismo edilizio, che spero sia stato debellato.
        Avevo letto del trafficante “d’alto bordo” e di semplici tombaroli che hanno depredato reperti di inestimabile valore.

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          L’hanno fatto per decenni. Purtroppo per difficoltà nelle rogatorie internazionali durante gli anni 80 e 90, sono poi passati i termini, reato in prescrizione, il personaggio rimasto in libertà e ha fatto pure il produttore d’olio a Castelvetrano. Oggi non sarebbe successo con i protocolli internazionali in caso di reperti rubati: è tutto estremamente più veloce

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