Cirneco dell’Etna, razza molto antica della Sicilia, l’unica alternativa al mio preferito, l’Alano

Lo hanno definito in vari modi, il “cane dei faraoni”, il “cane del dio Αδρανός-Adrano”, divinità assimilabile a Ἥφαιστος-Efesto, dio del fuoco e della metallurgia che nell’Etna aveva le sue fucine per forgiare i metalli. Sul Cirneco dell’Etna molto si è detto. Il fatto di essere una razza molto antica dà ampie possibilità al gioco delle ipotesi, tra le più svariate. Se, in più, ci metto dentro anche la forte somiglianza con le classiche rappresentazioni egizie del dio Anubi, il gioco è veramente fatto.

Con grande ritardo rispetto alla Festa dei Cani celebrata il 26 agosto, voglio scrivere qualcosa sull’argomento.

Ho sempre desiderato avere un cane, però non ho mai potuto avere un simile compagno di giochi. Per molti anni ci siamo spostati continuamente cambiando ogni sei-nove mesi residenza oppure ogni anno e mezzo. Giunti a Roma non fu più il caso e mi prefissai di pensarci da solo quando sarebbe stato il momento. Poi il lavoro e altri fattori hanno bloccato tutto.

Eppure con i canidi ho sempre avuto un rapporto fantastico, mi riconoscono immediatamente – o quasi subito – come parte del loro branco. Da lì al gioco è un attimo.

Per me, siciliano puro, appassionato di Egittologia, storia e leggende, non ci sarebbe nulla di meglio del Cirneco-Cane faraonico, incarnazione della storia di Sicilia.

Ma inizio con le mie esperienze avute con i “canidi”.

Gli ultimi due cani che ho avuto molto vicini sono Rufus Saladino 1° e Barnaba, il secondo chiamato come successore al primo nei cuori di due miei amici. L’uno e l’altro meticci, fantastici con caratteri ma diversissimi. Da poco meno di un anno è Barnaba a far compagnia a questi praticamente cugini, Danilo Moncada e Claudio Caruselli: è il cane più “automaticamente educato”, giocherellone, affettuoso (gli ultimi due elementi in comune a Rufus) che io abbia mai incontrato.

Poi c’è Pedro, barboncino indomabile e birbante, compagno di mia zia Adelaide Geraci, sorella di mamma. Vivono in una bella villa ad Aci Castello (Catania) sulla scogliera lavica. Non ascolta se non di rado. È di un affetto unico. In casa e in giardino va veloce come un razzo, gira come una trottola, abbaia a ogni intruso che passa vicino al cancello o che vede da uno dei balconi, si rasserena solo quando lo si porta a passeggio, è curioso come non mai… e la sera crolla per la stanchezza.

Alano, la mia passione

Il mio amore da sempre a livello ideale? Un Alano. Arlecchino o nero-blu e comunque di qualsiasi colore. Cane impegnativo per la grande stazza, fedelissimo al branco umani-canidi, affettuosissimo con i bambini. La stazza è quella di un piccolo cavallo.

Mio zio Aurelio Aureli, in quel di Pedara (Catania), sull’Etna, aveva tre alani che coabitavano con una serie infinita di animali in una vasta proprietà: c’era Nelson, un colossale alano maschio e due femmine. Facevano cucciolate in continuazione e ogni volta che andavo lì a trovare gli zii e i cugini, mi trovavo sommerso da questi cuccioli che mi venivano addosso, mi tiravano pantaloni e maglietta. Una festa. Puntualmente c’era quasi sempre un cucciolo che sembrava albino e che mi si attaccava addosso, quasi a non volermi lasciare andare via.

Ricordo molti anni fa quando eravamo a Parma, una delle città dove eravamo temporaneamente residenti, prendemmo casa in un’antica villetta dei primi del 1900. La proprietaria stava al piano di sotto con uno splendido Alano nero come la notte. Un giorno mio fratello Salvatore, che all’epoca non poteva avere più di due o tre anni, sparì. Dove stava?

Era a tormentare quel povero e gigantesco cane.

Vedere mio fratello minuscolo e quell’Alano enorme e nero insieme, fu da immediato brivido. Il mio fratellino gli tirava le orecchie, la lingua, gli piantava anche un ginocchio contro come se volesse salirci sopra.

E il cagnone? Non un movimento o un respiro. Coda immobile. Come se avesse compreso che ogni sua minima mossa avrebbe potuto far male al bambino, anche “solo” un colpo di coda che, per dimensioni e lunghezza, in un alano è paragonabile a uno scudiscio. Appena mia madre strappò via mio fratello dall’Alano, questo sembrò emettere un sospiro di sollievo, si rilassò, tornò a respirare e a scodinzolare anche se inizialmente in maniera sommessa. Si era trattenuto sul serio per evitare di far male accidentalmente a Salvatore.

Il Cirneco dell’Etna

Questa razza è presente in Sicilia da migliaia di anni, da diversi secoli prima di Cristo. In un certo momento storico si diffuse molto tra la gente, a cominciare dal V secolo a.C., nelle grandi città greche dell’Isola e nelle campagne. Un fatto ben comprovato da una miriade di documenti e reperti, sculture, pitture, monete, testi letterari, mosaici. Forse portato in Sicilia dal Nord Africa e dall’Egitto grazie ai commercianti fenici che lo diffusero nel bacino del Mediterraneo, ma è solo un’ipotesi. Dopo l’attraversamento delle rotte commerciali marine, il Cirneco ebbe più fortuna nella sua “casa” siciliana.

La situazione storica ha fatto sì che lo scorso giugno il Cirneco dell’Etna è entrato a far parte del Reis (link), il registro che annovera le Eredità immateriali di Sicilia, quegli elementi del patrimonio storico-culturale definiti dall’UNESCO Intangible Cultural Heritage, “l’insieme delle pratiche, rappresentazioni, espressioni, conoscenze e tecniche – nella forma di strumenti, oggetti, artefatti e luoghi ad essi associati – che le comunità riconoscono come parte del loro patrimonio culturale”.

Corpo allungato e snello, orecchie ritte, muso a punta, guarda in avanti con portamento fiero, è vivace e affettuoso. Buono con i bambini e con altri animali domestici, amichevole, indipendente, altezza al garrese che varia dai 46 ai 52 centimetri per i maschi e dai 44 ai 48 centimetri per le femmine, peso dai 10 ai 13 chili per i maschi e dagli 8 ai 10 per le femmine. Viene etichettato anche come levriero italiano-etneo, ma ufficialmente fa parte del gruppo di cani da caccia primitivi.

Come descritto dall’Enci, Ente Nazionale Cinofilia Italiana, “Le forme eleganti e slanciate del cirneco non devono intendersi in contrasto con una costruzione comunque robusta, che deve far trasparire quella sana vigoria e forza fisica tipica del cane da lavoro . La testa asciutta e ben cesellata con orecchie perfettamente dritte (emblema del cirneco), la canna nasale rettilinea con assi cranio-facciali paralleli o quasi e tartufo allineato. Muso a punta e preferibilmente di lunghezza pari a quella del cranio, occhi in posizione semilaterale con rime ovali. La costruzione quadrata, il garrese alto con linea dorsale dritta in leggera pendenza e la groppa scoscesa. La coda grossa all’attaccatura ed uniforme per quasi l’intera lunghezza, il pelo corto e ben fitto sulle orecchie, sulla testa e sugli arti, semi lungo ma ben liscio ed aderente alla cute sul tronco ed alla coda, di tessitura vitrea. Il piede compatto e di forma rotondeggiante”.

“La conformazione generale è quella di un sub-dolicomorfo con indice toracico di valore ideale 57%. L’altezza del torace (47.5% dell’altezza al garrese) leggermente inferiore all’altezza dal gomito a terra (52.5%) è dovuta alla costruzione del cirneco che deve essere alto sugli arti; tale peculiarità è dovuta essenzialmente alla brevità del braccio rispetto alla spalla e all’avambraccio. Il cirneco deve essere un cane monocromatico: pelo, pelle, mucose, suole, unghie, tartufo e iride più presentano lo stesso tono cromatico più il cane è pregiato. Il colore è fulvo in tutte le sue gradazioni, è ammessa la presenza di bianco nelle zone di elezione (lista bianca in testa, nel petto, nel ventre, nei piedi e nella punta della coda). I colori frumentino o mielato-dorato sono quelli più pregiati, il fulvo intenso, tendente quasi al mogano, è tollerato. Il cirneco non deve mostrare paura ingiustificata verso persone o cose che viceversa deve essere imputabile a tare ereditarie, mancanza di riferimenti sociali ed a una non corretta socializzazione”.

Nel mio futuro ci sarà un Cirneco dell’Etna? Intanto lo consiglio a chi desidera un compagno fedele, brillante, affettuoso, incarnazione di un antico retaggio. Avere Anubi in casa non è da tutti!

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10 commenti Aggiungi il tuo

  1. Alessandro Gianesini ha detto:

    Quali che siano le preferenze estetiche e/o caratteriali, c’è sempre un amico a quattro zampe giusto per farci compagnia 🐶

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Entra sempre in gioco la propria emotività, l’esperienza personale, anche il senso estetico, l’appartenenza a una terra. Accompagnare i miei amici al canile e scegliere Barnaba, uno dei cani di cui parlo nel pezzo, mi ha segnato parecchio, bella esperienza.

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      1. Alessandro Gianesini ha detto:

        Ci credo, si è percepito dall’articolo 😊

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          Vedrò quando ci sarà modo di organizzarmi. A un cane occorre un branco-famiglia. Lasciarlo solo quando sono in giro non lo sopporterei. In futuro…

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          1. Alessandro Gianesini ha detto:

            Sì, concordo pienamente

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  2. wwayne ha detto:

    Le foto di Rufus e Barnaba mi hanno fatto sciogliere dalla tenerezza! 🙂

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Rufus era eccezionale, una potenza d’affetto. Barnaba favoloso nella sua dolcezza. Ha appena compiuto un anno, quindi giocherellone ma se comprende che ci si vuol fermare, se ne sta accucciato alle tue gambe o addosso: troppo simpatico

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      1. wwayne ha detto:

        Hai proprio ragione, si vede subito che è simpaticissimo! 🙂 Colgo l’occasione per dirti che ieri ho sfornato un nuovo post, in cui racconto una storia molto bella e molto commovente… spero che ti piaccia! 🙂

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          Appena tornerò nel pomeriggio me lo gusterò. Buona domenica!

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          1. wwayne ha detto:

            Anche a te amico mio! 🙂

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