Fu lapidario nella sua definizione delle persone, un giudizio che traeva spunto dalla sua conoscenza ed esperienza sulle parole e su quante e come ne venivano utilizzate da chi ascoltava o leggeva. Giosuè Carducci non aveva dubbi. Idea molto adatta ai nostri tempi dalle troppe parole, oltretutto spese malissimo.
Nacque 187 anni fa, registrato all’anagrafe Giosuè, Alessandro, Giuseppe il 27 luglio 1835 a Valdicastello, frazione di Pietrasanta, nome locale che deriva dall’antichissima definizione “Valle dei Castelli”.
“Colui che potendo dire una cosa in dieci parole ne impiega dodici, io lo ritengo capace delle peggiori azioni”.

Carducci fu il primo italiano a vincere il Premio Nobel per la Letteratura, riconoscimento ottenuto nel 1906.
Nel 1912 la sua casa natale fu acquistata dal Comune grazie a una pubblica sottoscrizione. Lì lo scrittore e poeta aveva vissuto per alcuni anni insieme al padre Michele, medico chirurgo e alla madre, Ildegonda Celli, per poi tornarvi dopo diverso tempo visto che la famiglia si era trasferita più volte: necessità dovuta a due fattori, per il lavoro del padre e per le complicazioni date dal credo politico rivoluzionario dello stesso genitore. Prima giunsero a Seravezza dove nacque Dante, fratellino di Giosuè, poi a Pontestazzemese, dopo ancora a Bolgheri dove nacque Valfredo, secondo fratello del futuro grande poeta, infine a Firenze per riuscire a trovare un ambiente più sicuro nell’ambito di una grande città.
A colpire la mente di Carducci bambino e giovanissimo furono le prime letture dalla biblioteca del padre, i classici di Omero, la Gerusalemme liberata di Torquato Tasso, la Storia Romana scritta dallo storico francese Charles Rollin che visse a cavallo tra 1600 e 1700, la Storia della Rivoluzione francese di Adolphe Thiers, storico e politico transalpino nonché primo presidente della Terza Repubblica Francese (in precedenza presidente del Consiglio dei ministri durante il Regno di Luigi Filippo I di Francia).


Nonostante un successivo trasferimento della famiglia, Giosuè rimase a Firenze per continuare gli studi, poi a Pisa dove si laureò nel 1856. Subito dopo giunse l’insegnamento nel ginnasio di San Miniato, la pubblicazione del primo volumetto di Rime, il lavoro nella pubblicazione di testi per la collezione “Diamante” dell’editore G. Barbera. Poi la nomina a professore di Letteratura italiana all’Università di Bologna nel 1860, per volontà del ministro Mamiani. Fu lì che Carducci prese pienamente il volo e si mise in mostra per la sua genialità letteraria-poetica, ma anche come storico e critico letterario, noto anche per la sua accuratezza a cominciare dall’insegnamento.
Giosuè Carducci morì a Bologna il 16 febbraio 1907. Con Decreto Regio del 17 marzo 1907 la sua casa di Valdicastello fu dichiarata monumento nazionale.
L’albero a cui tendevi
la pargoletta mano,
il verde melograno
da’ bei vermigli fior,
nel muto orto solingo
rinverdì tutto or ora,
e giugno lo ristora
di luce e di calor.
Tu fior de la mia pianta
percossa e inaridita,
tu de l’inutil vita
estremo unico fior,
sei ne la terra fredda,
sei ne la terra negra
né il sol più ti rallegra
né ti risveglia amor.
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La qualità è il numero di parole perfetti per esprimere il pensiero
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