Sembrava fosse una misura da eliminare e la prima stesura dell’emendamento voluto dalla maggioranza governativa questo descriveva: stop al bonus Cultura o 18app che dir si voglia. La misura è da anni a sostegno dei giovani nell’acquisto di materiale librario per lo studio e l’approfondimento, ma anche per godere di musei, concerti, mostre, teatro, cinema, spettacoli dal vivo, abbonamenti a quotidiani e periodici.
Viste le reazioni alla voglia di cancellazione del bonus inserita nell’attuale manovra di governo, ecco che arriva un correttivo per parare il colpo, una nuova rotta della maggioranza per bocca anche di Gennaro Sangiuliano, ministro della Cultura. Il bonus verrà ridisegnato e ad averne accesso saranno giovani individuati con una soglia di sbarramento, una soglia ISEE “che escluda persone appartenenti a famiglie con redditi elevati”.
In tempi di crisi come quelli odierni con la media borghesia in disfacimento e avviata a essere una specie in via di estinzione, colpire attraverso la formazione culturale dei figli mi sembra quantomeno discutibile. Non era meglio un accesso a cifre differenti? L’opinione a chi mi legge.
Comunque, per risparmiare non era possibile fare altro? Tagliare altre spese, efficientare i ministeri e gli organismi dello Stato? Già le accise sui carburanti sono tornate ad aumentare nonostante nell’attuale maggioranza politica sia presente un capo partito che aveva promesso persino di eliminarle. Accise che hanno ripercussioni immediate sui costi del trasporto e, quindi, di ogni merce, articolo in vendita, dal chiodo al vestito e al cibo, quelli che noi cittadini – senza distinzione ISEE – andiamo ad acquistare nei negozi, nella grande, media e piccola distribuzione e che paghiamo e pagheremo di più… ma questa è un’altra storia.
Torno così alla Cultura, alla formazione dei più giovani, momento base della loro vita presente e futura.
È mai possibile che si debba colpire l’ampliamento della conoscenza per far quadrare o rendere meno pesante un bilancio di Stato? Peraltro, la cifra dedicata al bonus dovrebbe essere pari a 230 milioni. Che senso ha dirottare questi soldi per sostenere il mondo dello spettacolo e della cultura se a questo non avviciniamo i ragazzi, il futuro della nostra società? Torna l’assistenzialismo che non ha mai funzionato ed eliminiamo lo stimolo all’arricchimento personale?
Mi sembra una decisione idiota.
Al che mi viene in mente un pensiero, quello di Ágnes Heller, dal suo scritto “Solo se sono libera”, elemento che faccio precedere da un pensiero di Edgar Allan Poe, “Solo l’occhio di lince del filosofo sa ancora scorgere, dietro il velo d’indegnità sulla vita dell’uomo, la sua dignità” (da Cinquanta spunti – il numero 37), ma anche un’altra espressione, “Anche la sorte più ostinatamente avversa deve, alla fine, cedere di fronte all’irriducibile coraggio della filosofia, come la più inespugnabile fortezza davanti alla vigilanza ininterrotta del nemico” (da Perdita di fiato).
«Se qualcuno dovesse chiedermi, come filosofa, che cosa si dovrebbe imparare al liceo, risponderei: “prima di tutto, solo cose “inutili”, greco antico, latino, matematica pura e filosofia. Tutto quello che è inutile nella vita”. Il bello è che così, all’età di 18 anni, si ha un bagaglio di sapere inutile con cui si può fare tutto. Mentre col sapere utile si possono fare solo piccole cose».




Chi ha memoria storica ricorderà che fino a tutto il XX secolo il livello italiano di preparazione scolastica e universitaria era considerato tra i più universali e approfonditi: già i confronti grazie a domande base su storia, geografia e attualità mettevano ai primi posti i nostri giovani. Una struttura di insegnamento che era si provvisoria, da perfezionare, ma fu capace di trasbordare gli italiani dalla grande condizione dell’analfabetismo post Seconda Guerra Mondiale alla conoscenza diffusa, passando per decenni di trasformazioni sociali. Oggi questo livello italico della preparazione e conoscenza è precipitato sotto ai tacchi.
Sarebbe stato meglio mantenere un modello di preparazione molto simile a quello precedente evitando specializzazioni esclusivistiche che lasciano ignoranti in tanti settori della conoscenza, del sapere. Il pensiero della Heller è invidiabile se paragonato a quello partorito da menti odierne.
Breve parentesi conoscitiva – Chi era Ágnes Heller?
Filosofa ungherese, nata nel 1929 a Budapest, Ágnes Heller era sopravvissuta all’Olocausto nazifascista, conosceva benissimo il doloroso tema della Cultura, delle dittature che per regnare al meglio ne deprimevano l’accesso. Pur espressione di filosofie di stampo marxista era contraria a fondamentalismi, ai rapporti di subordinazione e di dominio tipici delle società che all’epoca si contrapponevano, quella marxista dei duri regimi comunisti e quella dei paesi capitalisti. La Heller fu critica a tal punto che le valse l’espulsione dall’università di Budapest nel 1959 con le accuse di diffondere le idee false e revisioniste del sociologo, filosofo e storico della letteratura György Lukács. Sempre critica verso i regimi sotto l’influenza sovietica, si dichiarò contraria all’intervento russo in Cecoslovacchia, appoggiò poi i regimi che si distaccarono dall’esperienza russa, ma la reazione in Ungheria fu tale che nel 1977 dovette espatriare con il marito e gli amici-colleghi finendo poi per insegnare Sociologia in Australia, a Melbourne. Non si definì più marxista, neppure dopo il suo ritorno in Ungheria.
“Mi ha sempre colpito l’enfasi di Engels sul Cristianesimo e il Rinascimento come le più grandi rivoluzioni dell’umanità […] Le tre città-stato: Gerusalemme, Atene e Firenze simboleggiano per me le fonti della nostra cultura e, al tempo stesso, l’unione di creatività e ricettività […] nelle vie, nelle chiese, nelle case, nei palazzi di Firenze ho incontrato un sogno, o meglio, ho incontrato il mio sogno di un mondo adeguato all’uomo. Una volta che i confini dell’occidente si erano di nuovo richiusi per me, volevo semplicemente tornare in questo mondo, anche se solo con la fantasia, col pensiero. Se volete fu un libro d’amore: una dichiarazione d’amore per l’Italia”.
Ágnes Heller nell’anno 1963 dopo il viaggio in Italia, inserito nel suo Morale e rivoluzione (1979)