Abū al-Ḥasan ʿAlī al-Masʿūdī, la Sicilia attraverso gli occhi e le parole di un celebre storico e geografo musulmano del X secolo

Tutto è partito dalla lettura di un libro, “Viaggiatori arabi nella Sicilia medievale”, scritto da Carlo Aruta (Edi.bi.si. editore). Volevo proprio curiosare e scoprire altri punti di vista sul mediterraneo e sulla mia Isola. Abū al-Ḥasan ʿAlī al-Masʿūdī (ﺍﺑﻮ ﺍﻟﺤﺴﻦ ﻋﻠﻲ المسعودي) fino a metà del decimo secolo fu per il mondo musulmano una delle massime autorità nel campo storico, geografico e dell’esplorazione. Un antico studioso che fa parte appunto della collezione di testimonianze raccolte in questo libro.

Il linguaggio e il racconto in sé con i suoi particolari, sono singolari in alcuni punti, a cominciare dalla descrizione della pietra lavica, in questo caso porosa e leggera, bucherellata, quindi tipo pietra pomice che è proprio tra i prodotti delle eruzioni magmatiche, o meglio, delle esplosioni dai crateri dell’Etna.

“Nel Bahr ‘ar Rûm (Mar de’ Romani – il Mediterraneo) son molte isole, tra le quali Cipro ecc e la Sicilia. Di questa, sarà detto più innanzi, toccando del Gabal ‘al Burkân (monte del Vulcano), quel che manda fuoco, misto ad [altre] materie ed a grandi corpi…

Il principe che signoreggiava la Sicilia e l’Affrica [propria] in Ponente, pria che sorgesse l’Islamismo, chiamavasi Girgîr (Guraygîr, il patrizio Gregorio che, ribellatosi a Eraclio, tenne l’Africa nel suo dominio)…

L’Affrica e l’isola di Sicilia, delle quali abbiam detto, appartennero ai Franchi (Vandali). L’isola che s’addimanda ‘al Burkân è la ‘atimah (cratere) che erutta de’ corpi ignei rassomiglianti ad uomini senza testa; i quali corpi si innalzano in aria la notte e, ricascando in mare, vi rimangono a galla. È questa la pietra che s’adopra a raschiare lo scritto da’ diftâr (quaderni di cartapecora): leggiera e bianca, essa ha l’aspetto d’un favo o d’un nido di vespe piccoline.

Questo [vulcano] s’addimanda lo ‘atimah di Sicilia; in esso perì il filosofo Porfirio, autore dell’Isagoge, ossia “Introduzione alla Logica”; il quale libro ha preso il nome da lui ecc…

‘Atimah vuol dir fonte di fuoco che spicca dalla terra”.

Descrizione scritta da al-Mas’udi nella sua opera Murūj al-dhahab wa maʿādin al-jawāhirI prati d’oro e le miniere di gemme
Al-Masoudi, sua statua che compare insieme ad altre sul Naturhistorisches Museum (Museo di Storia Naturale) a Vienna – Foto di Manuela Gößnitzer

Abul-Hassan Ali Al-Masoudi (o al-Masʿūdī), l’Erodoto degli arabi, era nato a Baghdad verso l’anno 893. Nella sua crescita come uomo di cultura e di scienze può essere perfettamente identificato come uno dei simboli della grande fioritura e crescita nella civiltà islamica dell’epoca. Fin da bambino al-Masʿūdī mostrò una spiccato amore per l’apprendimento, una memoria fenomenale, scriveva molto velocemente ed era estremamente curioso, fattori che lo portarono a studiare un’ampia varietà di argomenti, dalla storia e dalla geografia fino a religione e scienza comparate.

Fu il primo musulmano a combinare storia e geografia scientifica in un’opera di grande respiro.

Innanzitutto, cosa diceva al-Mas’udi di se stesso, come raccontava le sue origini?

Affermava di essere un discendente di ʿAbd Allāh ibn Masʿūd (ﻋﺒﺪ الله ﺑﻦ ﻣﺴﻌﻮﺩ) tra i personaggi storici fondamentali per l’Islam, di origine beduina, uno dei primi convertiti e compagno del Profeta nella divulgazione della parola del Corano (del quale era noto come lettore e interprete).

Queste le origini del geografo e storico che non si risparmiò nei viaggi andando a esplorare le terre prese o toccate dal mondo islamico. Quindi India e la Valle dell’Indo, lungo i margini della Cina e della regione russa, sul Mar Caspio, poi l’Armenia, lungo la costa orientale dell’Africa, Zanzibar e, forse, in Madagascar. Verso occidente, le coste e i paesi mediterranei fino all’al-Andalus, la parte della Penisola Iberica che era sotto il controllo musulmano.

La sua opera in 132 capitoli, Murūj al-dhahab wa maʿādin al-jawāhir” o “I prati d’oro e le miniere di gemme, resterà a lungo un testo enciclopedico di primo piano sulla descrizione di nazioni, terre, isole, fama che rimarrà tale nel mondo dei geografi arabi e persiani fino al XV secolo. Nel testo l’autore rimarca l’importanza dei suoi viaggi per “imparare le peculiarità di varie nazioni e parti del mondo“.

In questo scritto al-Mas’udi descriveva i particolari geografici, sulle religioni e sulla storia, però porgeva anche una visione del mondo dalla sua lontana origine, quindi dalla creazione, fino al periodo del Califfo di Baghdad Abū Isḥāq “al-Muttaqī-llāh (908-968) appartenente alla Dinastia Abbaside: la prima parte dell’opera inizia con la creazione del mondo e della storia ebraica, intervalla capitoli che descrivono la storia, la geografia, la vita sociale e i costumi religiosi di paesi non islamici, come l’India , la Grecia e Roma (per esempio approfondì l’induismo, lo zoroastrismo, l’ebraismo e il cristianesimo): poi, resoconti degli oceani, dei calendari delle varie nazioni, del clima, del sistema solare e grandi templi; tra le sezioni molto interessanti quelli sull’immersione per le perle nel Golfo Persico, l’ambra trovata nell’Africa orientale, le usanze funerarie indù, la rotta terrestre verso la Cina e la navigazione, con i suoi vari pericoli, tempeste e trombe d’acqua.

Basterebbe solo questo per capire quanto sia stato interessante e dirompente per quei tempi una tale mole di informazioni e di descrizioni… e non fu la sua più ampia opera!

Le mappe qui sopra sono frutto di un compendio che si basa sullo studio di questi testi (da Myoldmaps.com di Jim Siebold):
Brentjes S., “Cartography in Islamic Societies”, 36pp;
Lunde Paul, Caroline Stone, Kegan Paul, “Mas’udi, The Meadows of Gold, The Abbasids”, translation, London and New York, 1989;
Lunde Paul, “Pillars of Hercules, Sea of Darkness”, Saudi Aramco World, 1992, pp. 6-17;
Park H., “Mapping the Chinese and Islamic Worlds”, pp. 70-73;
Pinto K., “Medieval Islamic Maps”, pp. 46, 117, 153, 156-57, 162, 164, 168;
Shboul A., “Al-Mas’udi and his world: A Muslim Humanist and His Interest in Non-muslims”.

Abul-Hassan Ali Al-Masoudi fu autore di una ventina di opere, sia strettamente legate all’Islam che di approfondimento di altre realtà non conformi alla visione musulmana. Sua propensione che lo portò anche ad affermare “solo la logica (kalām: parola, linguaggio) può riconciliare in pieno ragione e fede”, frase che gli valse una condanna all’esilio dal Cairo, periodo durato ben dieci anni.

La sua creazione maggiore riguarda gli Akhbār al-zamān” o “La storia del tempo“, opera enciclopedica in ben trenta volumi che intendeva racchiudere tutta la conoscenza dei suoi tempi, senza confini tra mondi e discipline, compreso il tema religioso. Ma, tra gli altri, è da citare anche lo scritto “al-Tanbīh wa l-ashrāf” o “L’osservazione e le cose celebri.

Proprio da quest’ultima, un’altra descrizione della Sicilia, periodo che ricalca elementi di quello che ho trascritto prima, ma con elementi di novità. Per esempio, l’effetto taumaturgico di una pietra lavica.

“Avvi anco l’isola di Sicilia e l’adiacente montagna ‘al Burkân, dalla quale spicca la fonte di fuoco detta il cratere di Sicilia; la cui luce rossastra risplende la notte in tessa e in mare, fino a cento parasanghe e più oltre (Parasanga: unità di misura di lunghezza della Persia antica, corrispondente a 6.300 metri secondo Erodoto o a 5.940 metri secondo Senofonte).

Quando cotesta fiamma levasi in aria, scorgonsi tra le sue faville delle masse che rassembran corpi umani, le quali ricadendo in mare vi rimangono a galla.

Questa è quella pietra bianca e leggiera che si adopera a raschiare lo scritto da’ diftâr, dalle pergamene e simili; la quale si addimanda anco ʿaysûr e f.suk.

Si trova nel medesimo cratere la pietra detta yasb; la quale applicata su lo stomaco o sul ventre, ne dissipa i dolori, come fa ancora la pietra bussad (termine persiano per corallo) ch’è la radice del corallo e si pesca in questo mare”.

Descrizione scritta da al-Mas’udi nella sua opera “al-Tanbīh wa l-ashrāf” o “L’osservazione e le cose celebri”
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