Heinz Beck, chef fuoriclasse: intervista integrale sulla vita di questo artista del Gusto

È sempre un piacere ripercorrere i propri passi per rivisitarli, per completare gli approfondimenti permettendo così a chiunque mi legga di conoscere al meglio le situazioni e i personaggi che ho incontrato e su cui ho scritto. Questa volta si tratta di Heinz Beck, chef fuoriclasse, sposato con una siciliana, innamorato della cucina siciliana, artista del gusto che intervistai in epoca pre Covid e che adesso qui ripropongo in una versione più completa del mio racconto (oltre che aggiornata), non limitato dallo spazio fisico di una pagina cartacea.

Ma non preoccupatevi: non mi sbrodolo di parole.


Pochi i momenti di vita privata, di convivialità con amici e parenti, ma se li gode appieno. Niente televisione, ma legge libri e compila sempre nuovi progetti sull’alimentazione, nuovi metodi per produrre alimenti evitando sprechi anche nel segno del biologico. Programmi che aiutano anche gli ospedali a rendere appetibili e stimolanti i piatti e a combattere malattie che hanno colpito i sensi.

Questo, in poche parole, è Heinz Beck (link al sito web personale), nato a Friedrichshafen sul lago di Costanza, nella Germania meridionale. Chef pluristellato, una pletora di premi alle spalle, libri, riconoscimenti e piatti da favola nel ristorante che da 27 anni (oggi che siamo al 2022) lo vede impegnato a sperimentare e a proporre la tradizione mediterranea in forme nuove: è a La Pergola (link) al Rome Cavalieri Waldorf Astoria Hotel, un luogo di sapori che è diventato fucina di esperienze.

Uno staff fatto di tanti giovani formatisi sotto la sua guida, li accetto se vedo che vogliono essere ricettivi, comprendere. Il mio focus giornaliero è fare sempre meglio cercando di soddisfare al massimo chi viene in questo ristorante. Questo è il core business ed è anche quello che fa guadagnare la pagnotta a una serie di ragazzi che se la meritano, sono entusiasti e lavorano bene”, sottolinea.

Tedesco sì, ma Trinacria nel cuore, il matrimonio con una palermitana, Teresa Maltese, nel capoluogo siciliano, “vado pazzo per la Pasta coi Tenerumi di mia suocera, la caponata e molte altre squisitezze”, quindi la sicilianità ha colpito anche il suo palato e la sua voglia di benessere a tavola.

I Tenerumi in Sicilia sono le foglie tenere delle zucchine, dal sapore dolce e molto delicato. La caponata è internazionalmente nota con l’agrodolce e pomodoro che circondano melanzane preventivamente fritte, sedano, cipolla, olive e capperi come base delle tante varianti isolane.

Doveva rimanere a Roma per due anni, invece è rimasto con suo grandissimo successo: “Una volta deciso che stai in un Paese e che questo rappresenta il tuo futuro, l’importante è che vivi questa nazione meglio di un suo cittadino: questo è il rispetto che devi dare al luogo che ti ha accolto”.

“La mia filosofia per quanto riguarda la mia cucina è che siamo quello che mangiamo. Quindi dobbiamo rendere il nostro corpo più forte, più resistente e più sano attraverso i cibi adatti”.
Un messaggio quanto mai adatto e voluto proprio in questo periodo di pandemia, ma che Beck intende come universalmente valido a prescindere dai tempi.

L’intervista

Giuseppe Grifeo – Nessuna presenza televisiva… ma poi è arrivata la partecipazione a MasterChef.

Heinz Beck – «Non vedo televisione perché lavorare in un ristorante ti monopolizza e poi mi diverto di più a fare progetti. Così, prima di dare il mio ok alla mia partecipazione a MasterChef, ho dovuto chiedere due file video di precedenti puntate per vederlo e per capire cos’era: ho visto una puntata e ho compreso. Comunque, una cosa è lo spettacolo e un’altra è l’approfondimento. MasterChef è spettacolarizzazione, funziona così. È un format per chi ama la cucina e lo spettacolo. Se voglio approfondimento sulla cucina lo cerco altrove».

G.G. – Star bene a tavola è un aspetto importantissimo per lei, l’equilibrio tra gli alimenti per stare al meglio.

H.B. – «Noi tutti viviamo bene attraverso i sentimenti che devono essere positivi, più lo sono, meglio esistiamo – sottolinea lo chef degli chef Vegetariano sì, ma non vegano: non sono un carnivoro assoluto, tutt’altro. Nessun estremismo va bene. Bisogna utilizzare il buon senso e scegliere la cosa giusta. Se dovessi osservare quanto c’è scritto in alcuni testi, non mangerei più carne che, invece, nella dieta di tutti deve essere presente almeno una volta al mese, pena la mancanza, per esempio, di importanti enzimi essenziali. Ci vuole sempre equilibrio. Essere vegano e rispettarne tutti i dettami è estremamente complesso. Difficile chi riesce a farlo in modo giusto e preciso: ha il mio rispetto e per me va bene, ma è innegabile che ci sono poi delle carenze alimentari. Mi piacciono molto i salumi e in vacanza sarei capace di passare in una salumeria e di comprarne tanti anche perché fa parte delle nostre tradizioni. Ritornato a casa li mangio con goduria».

G.G. – Quante volte ha ceduto a queste voglie, profumi e sapori senza controllarsi?

H.B. – «Non mi verrebbe mai in mente di andare tre volte a settimana, la mattina, a comprarmi la focaccia con la mortadella e mangiarla… anche se “è la morte sua“, come si dice a Roma – prosegue Beck – Certo è che se avessi fame e mi capitasse di essere in centro, davanti a un panettiere dove vedessi una bella focaccia appena sfornata, ne annusassi il suo profumo caldo e invitante e se ci fosse pure una bella mortadella… la mangerei senza alcun rimorso per aver ingerito troppi grassi, troppi nitrati, troppi carboidrati, troppo olio: anche questo fa parte di quell’appagamento dei sentimenti».

“Una cosa è lo stile di vita, quando seguiamo una moda o proviamo nuovi stimoli per migliorare o cambiare la nostra vita: è per ideologia, necessità o per moda. Sappiamo però che le risorse naturali vengono sempre meno, diventa una necessità, non solo del singolo essere umano. Tutti  noi dobbiamo capire come gestire al meglio queste risorse per far fronte a carestie su scala globale. Dobbiamo iniziare a interrogarci e a immaginare lo scenario futuro più probabile per l’elaborazione di sistemi, stili e consumo diversi rispetto ad oggi. Inevitabile per giungere al bene comune”.

Heinz Beck

G.G. – E quando a cucinare sono gli altri?

H.B. – «Una persona che si siede a tavola e cerca quello che non va in un piatto, non gode. Io non sono mai giudice, cerco di trovare sempre il lato positivo. In un ristorante, a casa, con amici, non critico mai, anche se il piatto non è riuscito: la mia priorità è la convivialità, stare bene, dico sempre che il piatto è buonissimo influenzando anche gli altri. Si amplifica così il meccanismo dello star bene e ne ho un risultato molto più positivo. La totalità della situazione dà così l’emozione giusta. Mi trovo poche volte in giro con delle persone a sedermi, mangiare amichevolmente a godere del pasto: rovinare questi pochi momenti con una falsa ideologia di fare il professorino sarebbe assurdo, guastando il momento anche agli altri».

G.G. – Una ricerca continua, la sua curiosità e la sua creatività sfornano sempre nuove soluzioni, innovative, ma nel solco della tradizione mediterranea e con una predilezione per materia prima da produzioni biologiche.

H.B. – «Di solito quello che arriva dall’agricoltura biologica è superiore e per questo la preferisco. Ma il biologico vero esiste? No, non esiste perché il mondo è così inquinato che lo rende impossibile, ma preferisco la produzione biologica perché il metodo utilizzato segue una linea bio-etica senza caricare ancora di più gli alimenti con pesticidi e fertilizzanti».

«Da qui si arriva anche ad altri nostri progetti – aggiunge lo chef – riutilizzo degli scarti, fare un ciclo produttivo completo, idoneo e più efficace anche sotto l’aspetto della qualità. Come quello che stiamo portando avanti sul pomodoro, di concerto con un’impresa di conserve e un ateneo, quindi analisi dei terreni, delle cultivar giuste, crescita perfetta senza fertilizzanti ed esatta quantità d’acqua senza spreco, metodi di raccolta, coltura con o senza serra, fertilizzando con scarti e con acqua di pomodoro evitando appunto sprechi».

G.G. – Da quale consapevolezza nascono le idee e i piani da realizzare?

H.B. – «Nel progettare e nell’agire con queste attenzioni, oggi non siamo più nelle condizioni di dire, “si può fare”, ma siamo al “si DEVE fare”, altrimenti non saremo in grado di garantire il cibo per i nostri figli. Dobbiamo salvaguardare e far vivere meglio le prossime generazioni. Per questo stiamo lavorando. Non ci sono limiti ai progetti: piante che crescono in acqua salata e qui rientra il pomodoro, il riutilizzo dell’acqua delle verdure e degli scarti. Un esempio pratico. Ho ideato una pizza nuova lavorando a nuovo metodo. Tutti hanno operato sulle farine, sugli ingredienti ed ecco l’idea, lavorare sull’acqua: ho utilizzato l’acqua di pomodoro».

«Per far comprendere meglio – continua lo chef stellato – nell’impasto si ha una reazione completamente diversa visto che quest’acqua di pomodoro ha dei nutrimenti, antiossidanti, vitamina C, tutti elementi che influiscono sulla lievitazione, sul lavoro degli zuccheri, amidi delle farine. Abbiamo lavorato per trovare il giusto equilibrio provando diversi pomodori. Questo metodo permette di integrare nella pasta della pizza il 20 per cento in più di acqua, quindi meno farina, meno calorie, più digeribilità. La cosa ha suscitato grande sorpresa. Era il 3 novembre per il compleanno, alla manifestazione Pizza Up che vide riuniti tutti i più grandi pizzaioli italiani».

«Da quel punto la sperimentazione si è ampliata lavorando pure con l’infuso di fava di cacao o acqua di sedano – racconta Beck – Il campo si è ampliato sul come il fare i cornetti con l’acqua di frutti di bosco. Ci lavoriamo da cinque mesi su questa ricerca: si è aperto un mondo».

G.G. – L’attenzione verso gli altri, spesso lei si riferisce al benessere del prossimo.

H.B. – «La mia curiosità fa sì che io trovi sempre nuove soluzioni nell’ambito della ristorazione, in termini di nuovi piatti, nuovi metodi di cottura, nuovi processi produttivi, nuove idee. Da qui porto avanti progetti che possono essere di beneficio a tutta la collettività, perché questa mi ha dato tanto: mi ha fatto crescere, mi ha fatto arrivare dove sono oggi. Devo ricambiare quanto ho ottenuto. E agisco su due fronti. Ormai le risorse naturali vengono sempre meno, diventa una necessità, non solo del singolo essere umano. Tutti  noi dobbiamo capire come gestire al meglio queste risorse per far fronte a carestie su scala globale. Dobbiamo iniziare a interrogarci e immaginare lo scenario futuro, quello più probabile, per elaborare sistemi di vita, stili e consumo diversi rispetto all’oggi. Inevitabile per giungere al bene comune».

«Poi l’applicazione nel settore sanitario – sottolinea lo chef – dal progetto con l’Università cattolica, il Gemelli Fornelli legato al policlinico e tanti altri. Il programma con il Gemelli ha bisogno dell’apporto medico, cosa che non sono, cercando persone giuste per raggiungere l’obiettivo. Ho avuto l’idea grazie all’incontro negli anni precedenti con altre strutture e rammento un convegno sulle malattie che colpiscono i sensi, il gusto, il tatto, l’olfatto, la vista, la percezione del mondo. Se si parla di cancro, subito ci si spaventa, invece parlando di queste patologie non si hanno grandi reazioni, eppure condizionano enormemente la vita di una persona. Spiegai nella mia relazione cosa accadeva mentalmente a una persona colpita da questi problemi, cosa poter fare per non arrivare a queste affezioni senza l’utilizzo di medicine».

G.G. – Da questa prima idea annunciata in una conferenza, come e a cosa è arrivato nella pratica?

«L’applicazione è arrivata subito. Lo sanno tutti che negli ospedali si mangia estremamente male – dice Heinz Beck – Il cibo è sicuro, l’alimentazione negli ospedali tiene conto dell’aspetto salutare, studiato a seconda delle patologie, piatti equilibrati per stare al meglio, ma è tutta da sviluppare la sollecitazione sensoriale, del gusto, che ha riflessi importanti sulla salute. Oltretutto, il malato, una volta dimesso, non sa più cosa fare. Così, abbiamo detto, ci sono due macro aree da affrontare: quello che si mangia in ospedale e come si può migliorare questo aspetto; fuori dal nosocomio, che servizio si può dare per portarli a mangiare in modo giusto. Il progetto era gratis, nessuno di noi che ci ha lavorato ne ha avuto un minimo ritorno. Quattordici aree macro per i dimissionari che potevano chiedere consulenze e avere indicazioni nutrizionali in modo da avere soddisfazioni sensoriali, in parallelo e coerentemente con le loro terapie».


Nel portale web dedicato (www.gemellifornelli.it), le 14 le macro aree che raggruppano diverse patologie dove gli interessati, entrando, possono chiedere soluzioni alternative alle diete grazie alla fantasia e creatività di Heinz: un paziente deve arrivare a un pasto che non diventi momento di depressione. Il tutto sempre in coerenza con le diete e terapie da seguire in base alle patologie.

Oggi grazie ai nuovi metodi e alle nuove tecnologie, Heinz riesce a costruire dei piatti tailor-made, su misura, per specifiche patologie, anche a livello di singolo fattore nutrizionale.

Fra i piatti di maggior successo il Fagottello alla Carbonara, un’esplosione di gusto: immaginarsi un malato, un paziente che non può masticare, poter gustare questo piatto perché la carbonara è in forma liquida dentro allo stesso fagottello.


«Nutrinomics – #foodfuture è la prossima evoluzione del progetto, di vera ricerca – aggiunge Beck – Stiamo vedendo come è meglio operare per far riuscire questo programma e farlo lavorare bene e rapidamente. Ci sono idee di ricerca molto interessanti come la resistenza all’insulina, una lista molto ampia e concreta».

G.G. – Della cucina italiana e delle sue tradizioni, quale area l’ha più colpita e influenzata?

H.B. – «L’Italia è il Paese con le cento città e i mille campanili, la stessa Italia delle cento cucine e delle mille ricette. Ci sono mille cucine italiane con milioni di ricette e questo è il bello. Non posso dire che c’è una regione o una città da me più preferita di altre sull’enogastronomia. Il bello è farsi influenzare da tutto. La mia è una cucina leggera, salutare dai sapori mediterranei. Negli Emirati ho due ristoranti. Uno è Taste of Italy, proprio tradizionale e italiano vero, senza alcun adattamento al mercato locale: per esempio la lasagna è fatta come se si fosse in Italia. Il bello, la cosa fantastica, è che ci ritrovo tanti italiani. L’altro è il Social (link), cucina di impronta italiana, creativa, moderna, contemporanea nel segno delle tradizioni, come qui alla Pergola, alleggerendo – dove possibile – non dimenticando il gusto e le sensazioni che deve suscitare in tutti noi».

G.G. – Allora serve un esempio di gusto fra modernità e tradizione.

H.B. – «Uno per tutti, i nostri Maccheroncini al ferretto: è un piatto moderno. Maccheroncini fatti come li facevano le nonne. Si parte da un fondo fatto con crostacei, mantecato con gambero rosso e purea di melanzane affumicate. Tocco finale con briciole di pane croccante messe sopra, cosa che faceva già la nonna di mia moglie Teresa: acciughe sciolte lentamente nell’olio con cipolla tritata finemente, capperi, pomodoro concentrato, un po’ vino, tutto disciolto, poi ci si mette il pane raffermo, lo si lascia inzuppare, si fa riasciugare e poi frullare: hai una granella di pane raffermo che ha un sapore unico. Moderno come piatto, ma si riscoprono gusti dimenticati da tradizione italiana al cento per cento».

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