Nel mio sforzo di osservare me stesso e le cose del mondo, di analizzare i trascorsi storici nei fatti e nel sociale, non posso fare a meno di mettere in risalto i cicli chiusi, il continuo ritorno di pensieri e abitudini, il rimanifestarsi degli stessi comportamenti nonostante il passaggio dei secoli. Leggendo David Hume ho ritrovato sue affermazioni e teorizzazioni sulla razionalità inesistente, sulla verità e sulla negazione di questa, sul vuoto zelo religioso fine a se stesso. Ma non solo.
Sono comportamenti sempreverdi, mai tramontati, a volte più sfumati, altre volte più marcati, quasi rabbiosi e attualizzati. Dipende dai tempi, dalle crisi cicliche passate dalle singole società e dalla comunità mondiale.
Direte: nulla di nuovo sotto al sole.
Lo penso anche io, ma la situazione ha qualcosa di deprimente, quasi spaventevole.
Non c’è evoluzione in tutto questo? I millenni trascorrono, ma torniamo sempre allo stesso punto. Cambiano i nomi, lo stile linguistico, i termini, i mezzi comunicativi, ma la sostanza è sempre quella.
“La metà degli uomini muore prima di arrivare a essere creature razionali”.
David Hume
“In qualsiasi religione, per quanto sublime sia la definizione esteriore della divinità, molti devoti – forse la maggioranza – tentano di propiziarsi il divino favore non con la virtù o con la moralità, che sole possono essere accette a un essere perfetto, ma piuttosto con le futili pratiche, lo zelo intemperante, i rapimenti estatici, la fede in immaginazioni misteriose ed assurde”.
[…]
“Lo zelo più grande ed autentico non ci salva dall’ipocrisia”.
David Hume, Storia naturale della religione


Ho lanciato il sasso citando colui che vi presento brevemente, David Hume, filosofo scozzese del XVIII secolo tra i massimi esponenti degli empiristi britannici. Nel suo trattato sulla natura umana accosta al comportamento dell’uomo quello animale per evidenziare analogie o per smontare alcune contraddizioni (molte) nei modi di fare umani… si potrebbe quasi dire per porlo fuori natura nei suoi eccessi e nelle sue inconcludenze.
Autore appunto del Treatise of human nature composto durante la sua permanenza a La Flèche, in Francia, pubblicò l’opera in tre volumi ma a Londra, dal 1739 al 1740. Trattato che voleva porre la scienza e la filosofia su un nuovo fondamento, un’indagine empirica sulla natura umana.
Precettore e poi segretario d’ambasciata in varie nazioni d’Europa, fu pure bibliotecario a Edimburgo.
Tra le sue opere, una serie di Essays tra morale, politica, economia, letteratura, poi An enquiry concerning human understanding, a seguire l’Enquiry concerning the principles of morals e ancora la monumentale History of England, pubblicata in più volumi dal 1754 al 1761.
Nel 1763 era ancora in Francia, a Parigi, come segretario di lord Hertford, ambasciatore inglese e lì ebbe il favore e l’accoglienza entusiastica dei maggiori esponenti dell’Illuminismo. Nel 1766 ritornò in Inghilterra con Rousseau, amicizia che fu presto troncata di netto e nel 1767 divenne sottosegretario al ministero degli Esteri prima di ritirarsi definitivamente a Edimburgo.
Campione dell’intelletto, della ragione che voleva portare pure nell’ambito della vita spirituale tramite il metodo sperimentale come nell’applicazione sull’indagine scientifica.
“Supponete ancora che parecchie società distinte mantengano dei rapporti per il vantaggio e l’utilità che essi potrebbero reciprocamente derivare; i confini della giustizia si allargherebbero ancora, in proporzione alla larghezza delle vedute umane ed alla forza delle connessioni reciproche. La storia, l’esperienza, la ragione ci istruiscono abbastanza su questo naturale progresso dei sentimenti umani e sul graduale allargarsi della nostra considerazione per la giustizia, in proporzione alla conoscenza che acquistiamo dell’ampia utilità di questa virtù”.
David Hume, Ricerca sui principi della morale
In quest’ultima citazione riconosco il ciclico non comprendere la necessità della convivenza per crescere insieme e meglio, l’incapacità (forse è pure una scelta?) di avere una conoscenza fondamentale, “l’ampia utilità di questa virtù”.


“Subito dopo il ridicolo di negare una verità evidente, c’è quello di darsi molta pena per difenderla, e nessuna verità appare più evidente di questa: gli animali sono dotati di pensiero e di ragione come gli uomini. Gli argomenti in questo caso sono così ovvi che non sfuggono nemmeno alla persona più stupida e ignorante”.
David Hume, Trattato sulla natura umana (I, III, 16)
“Tra gli animali l’amore non ha per suo oggetto soltanto gli animali della stessa specie, ma si estende fino a comprendere quasi tutti gli esseri sensibili e pensanti. È del tutto naturale che un cane ami l’uomo, che è al di sopra della sua stessa specie, e molto frequentemente ne riceve in cambio dell’affetto”.
David Hume, Trattato sulla natura umana (II, II, 12)
Bell’articolo, Giuseppe. Quando hai scritto “Non c’è evoluzione in tutto questo? I millenni trascorrono, ma torniamo sempre allo stesso punto. Cambiano i nomi, lo stile linguistico, i termini, i mezzi comunicativi, ma la sostanza è sempre quella”, mi hai fatto tornare in mente i corsi e ricorsi storici del Vico…
"Mi piace"Piace a 1 persona
Vero, ma qui non credo che sia dovuto alla divina provvidenza, ma all’umana inerzia
"Mi piace""Mi piace"