Oltre 7 secoli fa Federico III d’Aragona fu acclamato Re di Sicilia: 15 gennaio 1296

Nel pieno di una crisi politica che aveva il perno nello scontro fra Aragona e Angiò, il passo decisivo nello scacchiere mediterraneo era affermare il predominio in Trinacria. Oltre 7 secoli fa Federico III fu acclamato Re di Sicilia.

Il 15 gennaio 1296 il Parlamento siciliano si riunì a Catania, seduta finale nei saloni protetti di Castello Ursino. In quel luogo l’alta Assemblea rappresentativa riconobbe Federico d’Aragona come Federico III Re di Sicilia. In tempi successivi e dopo contrapposizioni, macchinazioni e battaglie per mantenere indipendente il dominio, Federico III prese la denominazione di Re di Trinacria.

Questo esponente della famiglia Aragona era già stato reggente del Regno isolano dal 1291 al 1295 con il fratello Giacomo momentaneamente Re.
Ottenuta poi la corona, la tenne fino al 25 giugno 1337 quando sulla strada per Catania, nel Castello normanno di Paternò, passò a miglior vita. I suoi resti si trovano da allora nella sepoltura all’interno della Cattedrale catanese.

Nella maggiore chiesa di Catania riposano:
Re Federico III di Sicilia-Trinacria;
Giovanni d'Aragona o di Randazzo, Duca di Atene e Neopatria, figlio di Federico;
Ludovico di Sicilia o Ludovico di Trinacria, figlio di Pietro II di Trinacria e nipote di Federico;
Maria d'Aragona, Regina di Sicilia, figlia di Costanza d'Aragona nonché pronipote di Federico;
Pietro di Sicilia, unico figlio di Maria e di Re Martino il Giovane o Martino I di Sicilia, nipote di Costanza.

Federico era nato il 13 dicembre 1273 proprio nel Regno d’Aragona. Era il terzo figlio maschio dell’infante Pietro d’Aragona che poi sarebbe divenuto Re Pietro III. La madre era Costanza di Svevia, figlia di Manfredi re di Sicilia, fattore che permise a Federico di rivendicare il Regno di Sicilia.
Oltretutto fu battezzato con un nome che si rifaceva al bisnonno, l’Imperatore Federico II.

E qui mi rifaccio alla ricostruzione storica curata dall’Enciclopedia Treccani e alla sua corposissima bibliografia scelta per questo capitolo di storia mediterranea e siciliana. La Treccani da sempre è mio principale strumento per le verifiche sui fatti del passato e, nel suo dizionario, per controlli sulla Lingua Italiana.

Castello normanno di Paternò: il 25 giugno 1337 vi morì Federico III durante un viaggio verso Catania – foto di Normangreek, licenze Creative Commons – 3.0 Unported2.5 Generico2.0 Generico e 1.0 Generico

La rivolta del Vespro, la cacciata degli Angiò e quindi dei francesi dall’Isola, diede inizio al vero braccio di ferro politico nel Mediterraneo.
Venne meno l’equilibrio politico fra i paesi che si affacciavano sul Mediterraneo, nacque con immediatezza la cosiddetta “questione siciliana” che comprendeva aspetti economici, sociali, di predominio nel Mare Nostrum.

Come sottolineò in un suo scritto Vincenzo D’Alessandro, ricercatore medievista, studioso di Storia delle istituzioni politiche e di Storia economica e sociale, in quello scenario politico si innestarono posizioni di principio del papato, posizioni politiche di Francia, Lombardia, Toscana che ebbero la loro parte durante gli scontri tra Aragonesi e Franco-Angioini. Si incunearono anche le posizioni economiche della Catalogna e delle terre meridionali francesi.


Pietro d’Aragona si fece riconoscere Re di Sicilia e accompagnò la regina Costanza in Sicilia con il fratello Giacomo e con la sorella Violante.
Arrivati a Trapani a metà aprile del 1283, si trasferirono a Messina stabilendo in città la loro sede di governo anche per quando il Sovrano catalano avrebbe lasciato l’isola.

Stemma del Regno di Sicilia con le aquile degli Svevi e i pali oro e rosso d’Aragona

Era necessario avviare e concludere trattative di pace con gli Angioini. A questo scopo, fin dal novembre 1285 era stato architettato il matrimonio di Federico con una figlia di Carlo d’Angiò, principe di Salerno.
Lo sposalizio prevedeva una bella dote, il principato di Taranto e dall’Onore di Monte Sant’Angelo, terre appartenute all’avo Manfredi in Puglia.
Prima di questo accordo matrimoniale, da dicembre 1281 Pietro III stava cercando un accordo con la Castiglia per concludere felicemente il predominio sul dominio siciliano. Questa trattativa fu fatta con Re Alfonso X e con l’infante Sancio: consisteva in una proposta di matrimonio tra Federico e Isabella, figlia di Bianca de Molina.

Naturalmente, con due prospettive matrimoniali e due accordi differenti, tutto si complicò inevitabilmente.

Il fratello maggiore di Federico, Re Alfonso III, succedette al padre Pietro III nel 1285 sul trono di Aragona: proseguì le trattative per il matrimonio con una figlia di Carlo II d’Angiò.
Nel febbraio 1287 furono nominati i procuratori che avrebbero dovuto concludere contemporaneamente anche il matrimonio di Giacomo d’Aragona, ormai Re di Sicilia, con una figlia maggiore del re napoletano.

Nel mezzo di tutto questo lungo traffico politico e di abbozzo di alleanze tra corone e matrimoni, nel 1291 Alfonso III morì.

Al che, Federico sarebbe dovuto diventare re di Sicilia.

Perché?

In precedenza Pietro III aveva separato la corona siciliana da quella aragonese lasciando al secondogenito Giacomo il Regno di Sicilia.
Ragion per cui, Giacomo succedendo al fratello sul trono aragonese, avrebbe dovuto rinunciare a quello siciliano per passarlo a Federico: la cosa era già avvenuta con Alfonso quando lo passò in favore di Giacomo.

Ma sorse un’altra complicazione di non poco conto.

Non c’era una disposizione che stabilisse questa regola nel testamento di Pietro III, prima della conquista del Regno di Sicilia.
Come affermato dallo storiografo cinquecentesco Geronimo Zurita, non c’è certezza che Alfonso avesse inserito questo punto nel suo testamento, il cui originale è andato perduto.
Però di questo documento esiste una copia siciliana del XVIII secolo e lì si legge che aveva stabilito come la successione di Giacomo in Aragona fosse condizionata dalla preventiva rinuncia al Regno di Sicilia.

Intanto, Federico rimase a governare la Sicilia non come Re e lo fece in nome del fratello Giacomo partito per il Regno d’Aragona in modo da poter salire al trono catalano.
Nel suo governo luogotenenziale dell’Isola Federico fu affiancato dalla madre Costanza.

Il 12 luglio 1291, a Messina, lo stesso Federico fu nominato dal Parlamento siciliano luogotenente e vicario generale del Regno.

Come raccontato dalla Treccani, nel testamento redatto due giorni dopo, prima dell’imbarco per la Catalogna, Re Giacomo II ristabiliva, in caso di morte, la separazione dei due Regni: stabiliva però che Federico dovesse scegliere in quale Regno succedergli, mentre l’altro Regno sarebbe andato a Pietro, il fratello ultimogenito.

Negli anni successivi Giacomo II continuò a interferire con la gestione di Federico in Sicilia, a revocarne disposizioni, nomine e quant’altro. Il sovrano aragonese aveva rapporti diretti con molti maggiorenti scavalcando l’autorità del fratello.

Si arrivò a un sostanziale stallo per il progetto di matrimonio con Bianca d’Angiò (Pontoise, aprile 1293).

Tali trattative tra Giacomo e Carlo Il d’Angiò, alle quali partecipavano anche la Sede apostolica e i re di Francia e di Castiglia, si svolgevano segretamente, perché il re aragonese si preoccupava delle reazioni siciliane.
Federico doveva essere tenuto più o meno al corrente del loro andamento dagli emissari di Giacomo che facevano la spola tra la penisola iberica e la Sicilia, ma non è chiaro fino a che punto egli fosse informato.
Un memoriale, integrato da informazioni orali, inviato a fine settembre del 1293, probabilmente si riferiva all’incontro di pace avuto in luglio a Logroño. Dopo gli accordi di La junquera, che preludevano al trattato di Anagni, e dopo la conclusione della tregua militare (dicembre 1293), Giacomo II si preoccupava di rispondere alle proteste dei Siciliani e smentire la voce corrente nell’isola che egli si apprestasse a tradirli abbandonandoli sotto il governo angioino.
Aveva luogo contemporaneamente con Federico uno scambio di informazioni e di memoriali (luglio 1294) che riguardavano l’applicazione della tregua, ma si collegavano anche alla prosecuzione delle trattative di pace. Giungevano poi dall’Aragona alcuni incaricati di missioni speciali (Raimondo de Vilanova, Raimondo Alamany).

Treccani

Da considerare che Giacomo II d’Aragona, oltre a farsi convincere dal Papato, fu allettato dall’offerta di avere il dominio sulla Sardegna per rinunciare alla Sicilia, come sottoscritto successivamente nel 1295 alla firma del trattato di Anagni.
Per i siciliani questa scelta di Giacomo fu praticamente un tradimento come lo fu per tutti quei Catalani e Aragonesi che avevano desiderato e voluto la casa d’Aragona sul trono siciliano. Da qui lo schieramento dell’Isola a favore di Federico.

A quel punto proprio tra i fratelli Giacomo e Federico, schierati su fronti opposti, iniziarono azioni segretamente -ma non troppo- contrastanti per ottenere alleanze utili alle rispettive cause.

A Roma Federico si alleò con i Colonna, nel 1294 si fece eleggere senatore cittadino con il sostegno dei populares, ma gli mancò l’appoggio degli Orsini. Appena Giacomo scoprì la cosa fece pressione sui Colonna e manovrò in modo tale da far mancare tutti gli appoggi politici al fratello debellandone i progetti.

Stessa cosa avvenne all’interno del Regno di Sicilia.

Federico iniziò ad agire in piena autonomia e tra la fine del 1294 e i primi del 1295 mise in campo un’azione di riforma amministrativa che limitasse le estorsioni riducendo allo stesso tempo i grandi oneri ordinati dai capitani giustizieri a carico dei siciliani.

Giacomo II prendeva intanto delle contromisure. Allontanava prudentemente alcuni personaggi troppo legati alla tradizione sveva e a quella rivoluzionaria del Vespro. Destituiva Corrado Lancia dall’ufficio di maestro giustiziere. Nonostante la sua resistenza, toglieva a Ruggero Mastrangelo il Castellammare di Palermo. Affidava la tesoreria ad un catalano, precettore dei templari, e annullava il provvedimento col quale Federico gli aveva affiancato il messinese Enrico Rosso.

Treccani

La successione degli eventi accelerò anche perché rimaneva in campo il progetto matrimoniale di Giacomo II che voleva l’alleanza con gli Angiò, quindi intendeva far sposare suo fratello Federico con un’esponente della Casata francese.

Verso la fine d’aprile del 1295 Federico era salpato con una flotta verso Roma: voleva incontrare Papa Bonifacio VIII con il quale aveva già una corrispondenza diretta.

Sbarcato nell’area del Circeo, incontrò il Pontefice sul finire di maggio nel territorio di Velletri. Dopo l’incontro Federico si rifiutò di accompagnare il Papa ad Anagni perché lì si trovava Carlo II d’Angiò che attendeva per passare alla ratifica del trattato.

Ripreso il mare, Federico giunse a Ischia controllata dagli Aragona e lì restò in attesa di notizie. Da Anagni giunse poi Giovanni da Procida e si incontrò con i messaggeri inviati da Giacomo II.

Il 20 giugno 1295 era stata decisa ad Anagni la rinuncia di Giacomo d’Aragona al titolo di Re di Sicilia.
Il trattato prevedeva che l’isola, riconosciuta come terra Eclesie, fosse restituita a Bonifacio VIII, mentre la Calabria e gli altri territori peninsulari in possesso degli Aragonesi avrebbero dovuto essere restituiti direttamente a Carlo II d’Angiò.
La distinzione sembra rivelare soprattutto i persistenti e giustificati timori circa la possibile reazione siciliana.
Quanto al destino di Federico, si ipotizzava per lui un nuovo matrimonio che tendeva ad allontanarlo dalla Sicilia avviandolo ad una ambiziosa avventura in Oriente: avrebbe dovuto sposare la pretendente al trono imperiale di Costantinopoli, Caterina di Courtenay, una nipote di Carlo II che tuttavia manifestò contrarietà al matrimonio.
Nonostante le proteste siciliane, il 3 novembre Giacomo II dava attuazione al trattato, disponendo l’abbandono del Regno di Sicilia.
A Federico fu revocata la luogotenenza.

Treccani

Cronologicamente, l’11 dicembre 1295, in un “generale colloquium” del Parlamento siciliano adunato a Palermo, Federico fu acclamato “signore” di Sicilia.

Una nuova sessione del Parlamento nella cattedrale di Catania e a Castello Ursino, tenuta il 15 gennaio 1296, acclamò Federico Re di Sicilia, decisione che fu presa dai parlamentari come richiamo alla volontà del popolo e al diritto di successione.

L’appena nominato Sovrano siciliano fece leva su due punti richiamandosi alla tradizione sveva che gli veniva dalla madre seguendo pure ciò che si raccontava sul terzo Federico di Sicilia: si intitolò Fredericus tercius pur essendo nei fatti il secondo sovrano dell’Isola a portare questo nome.

L’incoronazione avvenne il 25 marzo 1296 nella Cattedrale di Palermo, data che vedeva la coincidenza della festa dell’Annunciazione, inizio del nuovo anno secondo lo stile dell’Incarnazione in uso nell’isola, con la domenica di Pasqua.

Al momento che la corona fu calata sul suo capo, Federico fu definito con precisi e scelti titoli, rex SicilieDucatus Apulie ac Principatus Capue.
Fu un messaggio chiaro che utilizzava le antiche denominazioni previste durante il Regno normanno-svevo, idealmente ritenuto indiviso. Erano gli stessi titoli portati dal fratello Giacomo II Re di Aragona.

Ed ecco che Federico III dovette difendersi quasi subito.

Il 3 maggio 1296 Papa Bonifacio VIII scomunica lui e i suoi sostenitori ribadendo che l’incoronazione non era valida perché contraria al trattato di Anagni quindi contro le pretese di alta sovranità della Sede apostolica.

Dal punto di vista militare alcuni cavalieri catalani e aragonesi lasciarono la Sicilia, altri rimasero a fianco di Federico III.
Poi l’inizio delle operazioni strategiche.
Il nuovo re siciliano si assicurò il controllo della Calabria entro l’estate del 1296, passo molto importante per la difesa e la sicurezza della Sicilia.

Le pressioni del fratello Giacomo II e del Papa aumentarono, a tal punto che l’ammiraglio Ruggero di Lauria abbandonò Federico III.
Anche la Regina Costanza si vide costretta a lasciare la Sicilia perché minacciata dal Papa che sarebbe potuto arrivare anche alla scomunica.

Tutto questo non fermò il novello Re di Sicilia nonostante la ribellione interna iniziata nel 1297 a opera di Giovanni di Lauria, nipote dell’ammiraglio. Dietro c’era l’azione del re aragonese e degli Angiò.
La rivolta poi domata.

Scontri e invasioni, la flotta siciliana che giunse a minacciare la stessa Napoli nel 1298, poi l’invasione della Sicilia da parte degli catalani-angioini che da una parte presero Patti e Milazzo, ma dall’altra non riuscirono a espugnare Siracusa, difesa e coordinata da Giovanni Chiaramonte.

La battaglia navale di Capo d’Orlando nel luglio del 1299 segnò una sconfitta per Federico III che perse le isole della costa napoletana e alcune delle terre calabre.

Però fu anche la fine delle ostilità del fratello Giacomo II che decise di sganciare le truppe aragonesi da questo conflitto, oltretutto il Papa, che doveva finanziare le operazioni contro il nuovo Re siciliano, non aveva rimborsato il Sovrano aragonese di tutte le spese sostenute.
Inoltre, Federico III aveva fatto ottima opera di influenza tra gli aragonesi in Catalogna alimentando la generale insoddisfazione per la guerra portata contro di lui dal fratello, conflitto contrario ai sentimenti e agli interessi dei catalani che desideravano una Sicilia nella sfera d’influenza del Regno d’Aragona invece che nelle mani Angiò.

In Sicilia i combattimenti continuarono solo contro le truppe degli Angiò. La battaglia del 10 dicembre 1299 a Falconaria (link all’articolo su questa battaglia), in zona Birgi, fra Trapani e Marsala, segnò una vittoria decisiva per Re Federico III di Sicilia.

Il 29 agosto 1302, tra Sciacca e Caltabellotta il trattato di pace che fu il compimento finale di altri conflitti e del rafforzamento del fronte siciliano.

La firma avvenne alla presenza di Carlo di Valois, Roberto d’Angiò e Ruggero di Lauria.

Federico III, affiancato dal cancelliere Vinciguerra Palizzi, fu riconosciuto vero Sovrano, come Re di Trinacria, Stato del tutto indipendente con finale dichiarazione dichiarazione del maggio 1303 e placet del Papato, ma con una clausola: concessione di un nuovo regno agli eventuali eredi di Federico e di Eleonora d’Angiò, per esempio uno insulare nel Mediterraneo, quello di Sardegna o di Cipro, oppure un enorme indennizzo di almeno 100.000 onze d’oro. Se queste ultime concessioni non fossero arrivate nelle mani del Re di Trinacria, i suoi eredi avrebbero potuto tenere il dominio siciliano.
Tolta la scomunica al Sovrano di Trinacria da parte del Pontefice, il matrimonio con Eleonora d’Angiò fu celebrato a metà maggio del 1303 nella cattedrale di Messina.

Federico III mantenne il controllo di Reggio che aveva un’importante posizione strategica al di là di Messina sullo Stretto e i tre castelli di Calanna, Motta della Fiumara di Muro e di Catona.

I due Re fratelli, Giacomo II in Aragona Federico III in Sicilia, conclusero un trattato di reciproca assistenza e la possibilità di reclutare uomini nei rispettivi regni per operazioni militari.

… ma non finì qui.

Le dispute continuarono sui domini calabresi, sul tributo annuale che Federico III doveva alla Chiesa e che versò solo in parte, sul dominio in Sardegna e a Cipro, sulla possibilità nel 1311 di nominarlo in cambio Re d’Albania e Principe di Morea compreso il dominio su Durazzo.

In missioni verso oriente nel 1312 il Re di Trinacria riuscì a fare suo il Ducato di Atene e Neopatria per assegnarlo a Manfredi suo secondogenito.

Poi l’alleanza di Federico III con l’imperatore Enrico VII di Lussemburgo che stava scendendo in Italia e che nel 1312 giunse a Roma facendosi incoronare il 29 giugno nella Basilica di San Giovanni in Laterano.
L’accordo aveva come scopo la conquista di Napoli.
Bisognava togliere il trono partenopeo a Roberto d’Angiò debellando la dinastia d’origine francese dal Sud Italia e da ogni ingerenza nella Penisola visto che ostacolava l’azione dell’imperatore.

Ma questa è un’altra storia. Sarà da raccontare in tutti i suoi risvolti.

La scriverò in uno spazio successivo.

Lascia un commento