Condottiero spregiudicato, ma anche un po’ filibustiere: XIV secolo, Giorgio Grifeo nei conflitti che seguirono i Vespri in Sicilia

Non fu un uomo facile. Dalle sue imprese e dalla sua storia sono passati oltre 600 anni. Giorgio Grifeo di Partanna fece cambiare fronte alla sua Famiglia impegnando cavalieri e soldati partannesi a favore degli Aragona, quindi contro gli Angiò, per la contesa sul possesso della Corona di Sicilia. Combattimenti sanguinosi, impegno su vari fronti in Sicilia e anche saccheggi di navi da voluti da Giorgio sperimentandosi pure come capitano-ammiraglio.

Non tutte le sue imprese guerresche facevano parte di strategie prefissate, del resto i tempi esigevano anche improvvisazione immediata per sopravvivere e averla vinta. Una volta questo lontano avo compì azioni talmente indipendenti e azzardate da far arrabbiare pure Re Federico IV di Sicilia.

Regno di Trinacria

Ecco cosa accadeva in Sicilia verso la metà del 1300

Si chiamava Giorgio Grifeo di Partanna o Graffeo, Grafeo o ancora de Grafeo. In circa mille anni il cognome ha subito alcune variazioni, fattore evidente nella lunga sequenza genealogica, nei documenti e nei trattati di genealogia che si sono succeduti nei secoli, tutti riguardanti coloro che all’epoca erano i Baroni di Partanna e, dal 1600, Principi dello stesso feudo del Regno di Sicilia.

Giorgio Grifeo di Partanna evidenziato dal riquadro rosso all’interno della porzione della genealogia Grifeo durante il XIV secolo (da www.grifeo.it)

Giorgio era fratello dell’ammiraglio Benvenuto I Grifeo che sarebbe stato l’ottavo Barone di Partanna e i primo Visconte di Galtellì (in Sardegna), titolo concesso da Re Pietro IV d’Aragona (1319-1387) per i successi militari ottenuti anche nel proteggere alcune città sarde e nello stroncare rivolte in quell’Isola.

Come suoi titoli personali, Giorgio Grifeo fu Barone di Adragna e dominus del castello di Sambuca.

La storia di questo personaggio “iperattivo” ed estremamente determinato, è molto articolata. In questo articolo, dopo questa parte iniziale, ho suddiviso il testo in altri tre capitoli:

  1. Gli interessi e i conflitti tra i singoli baroni si inseriscono con forza negli scontri globali in Sicilia
  2. Giorgio Grifeo, le forze partannesi e alleate, i combattimenti a Mazara del Vallo che, infine, fu riconquistata
  3. Fare anche il pirata? Giorgio si mise in mostra anche in questo, ma… rischiò di far scoppiare un conflitto con Genova

Uomo d’armi, cavaliere, ammiraglio, spada e scudo sempre pronti, ma anche ferreo condottiero e leader, si impegnò ovunque nel teatro degli scontri alimentati in Sicilia da una lotta di potere che vide contrapposti i catalani Aragona e i francesi Angiò. Questi ultimi non volevano mollare il dominio sull’Isola mentre mantenevano il controllo su Napoli e sull’area continentale del Regno.

In Sicilia i Transalpini dovettero subire il primo scacco durante la rivolta dei Vespri Siciliani, ribellione contro il dominio degli Angioini scoppiata a Palermo all’ora dei Vespri del Lunedì dell’Angelo 1282, insurrezione poi dilagata in tutta l’Isola.

La lotta e le battaglie continuarono con le Guerre del Vespro. Il lunghissimo conflitto ebbe una momentanea sospensione nel 1302 con la Pace di Caltabellotta dividendo il Regno di Sicilia tra il Regno di Trinacria dato agli aragonesi e il Regno di Napoli conferito agli angioini. Ma le braci covavano, la guerra ricominciò nel 1313, altra pausa nel 1343, ma ricominciò ed ebbe fine solo nel 1372 con il Trattato di Avignone firmato il 20 agosto da Federico IV d’Aragona, da Giovanna d’Angiò e la “benedizione” di papa Gregorio XI.

Stemma di Re Federico IV Aragona di Sicilia tratto dall’armoriale di Gheldria compilato tra il 1370 e il 1414, tra i più antichi e meglio conservati repertori sulle Armi di storiche famiglie

Novant’anni di conflitti che, alla fine, sancirono Federico IV come Re di Trinacria, Duca di Atene, Duca di Neopatria, mentre Giovanna era Regina di Sicilia (Napoli – regno continentale), di Gerusalemme, Contessa di Provenza e di Forcalquier.

Il primo dei due regni (Trinacria) descritto nel trattato, avrebbe dovuto essere vassallo del secondo, ma lo fu solo in teoria.

Nei fatti e ben al di là delle momentanee e necessarie denominazioni di quell’antico documento, ci fu una netta separazione tra il Regno di Trinacria-Sicilia aragonese e il Regno di Napoli sotto gli Angiò.

Tanto tutto finì poi nei domini Aragona. Nel 1442 con Re Alfonso V di Aragona, che era sovrano dei seguenti domini come Alfonso III di Valencia, Alfonso II di Sardegna, Alfonso I di Sicilia e di Maiorca, Re titolare di Corsica, di Gerusalemme e d’Ungheria, conte Alfonso IV di Barcellona, Duca di Atene e Neopatria e re Alfonso I di Napoli, il primo dei regnanti Aragona nella capitale partenopea (ma questa è un’altra e successiva storia).

Europa e Regno di Trinacria nel 1360

Nel panorama così complesso di conflitti e successioni siciliane durante il XIV secolo, dal 1350 si inserì anche Giorgio Grifeo di Partanna, come fecero molti altri componenti di tutti gli altri Casati di Sicilia che si separarono in due partiti opposti.

Dall’iniziale schieramento Grifeo, Giorgio portò la famiglia nel partito che lottava a favore degli Aragona e da quel momento i combattimenti crebbero in frequenza e crudeltà.

Come riportato anche dal Dizionario Biografico degli Italiani edito da Treccani, Giorgio Grifeo comparve nelle documentazioni “verso la fine del 1355 e, in particolare, con il momento in cui il gran giustiziere Artale Alagona prese il controllo della persona del re. In quelle circostanze il Giorgio, benché la sua famiglia fosse latina, aderì alla “parzialità” catalana collegandosi a esponenti di rilievo del baronaggio siciliano come Guglielmo Peralta e Nicolò Abbate (anch’egli d’origine latina), nobili anch’essi fedeli al re, i quali dominavano rispettivamente Sciacca e Trapani; con tale scelta egli fu quindi in contrasto con la famiglia Chiaramonte, sostenitrice delle rivendicazioni di Giovanna I d’Angiò al trono di Sicilia, e i cui membri detenevano il controllo della Sicilia occidentale“.

Raonese o Pierreale (tipo di moneta d’oro o d’argento battuta nella Zecca di Messina) del 1360 – Re Federico IV di Sicilia

Tanto per chiarire le idee al lettore, quanto Treccani indica che Artale I Alagona, Conte di Mistretta, Signore di Butera, Naro e Delia, prese il controllo del Re, fu perché il Sovrano era ancora troppo giovane. Così Artale si fece eleggere dal Parlamento Siciliano Gran Giustiziere del Regno e governatore di Catania (dove risiedeva in quel momento il potere politico aragonese nell’Isola): era già stato “balio” del predecessore Re aragonese Ludovico di Sicilia, poi divenne padrino di battesimo di Maria Aragona figlia di Re Federico IV.

Tornando alla scelta di schieramento operata da Giorgio Grifeo, la situazione strategica e militare presentava grandi complessità e frazionamenti aggravando le strategie da adottare anche per i continui movimenti militari, le conquiste, le contromosse per rendere più saldi e omogenei i territori da porre sotto il proprio dominio e sotto quello del partito aragonese. Impresa per nulla semplice nella Sicilia occidentale dove i filo-Angiò erano predominanti.

  • Un anno dopo, il 23 marzo 1356, Giorgio Grifeo che tra le varie cariche era anche Castellano e Capitano di Marsala, fu informato da Artale Alagona che lo scenario generale era ulteriormente cambiato perché Re Federico IV si era trasferito a Catania mentre i poteri della vicaria Eufemia, sorella del sovrano, erano stati sospesi.
  • Pochi giorni dopo, 31 marzo, proprio perché al comando di Marsala, carica che in precedenza era del fratello Benvenuto, Giorgio fu messo a conoscenza per lettera di altre manovre tra Regni del Mediterraneo: in breve, c’erano delle trattative con il Re Pietro IV d’Aragona, di Valencia, di Sardegna e di Corsica, Conte di Barcellona. Scambi e confronti che arrivarono a un risultato, il possibile matrimonio di Federico IV con Costanza, figlia di Pietro. L’unione matrimoniale significava l’arrivo di truppe fresche e armi.

Gli interessi e i conflitti tra i singoli baroni si inseriscono con forza negli scontri globali in Sicilia

In questa situazione così fluida si inseriscono anche manovre interne, come quella che lo stesso Giorgio Grifeo riuscì a concludere escludendo il fratello Benvenuto dai benefici di un precedente provvedimento del Re: in precedenza era stato debellato il ribelle Giovanni Ferro e i suoi beni erano stati assegnati ai due fratelli Grifeo; il primo aprile 1356 Giorgio riuscì ad assicurare, solo per sé, il controllo di quell’intero patrimonio.

  • L’11 aprile 1356 Giorgio ricevette degli ordini perentori trasmessi anche agli alleati Guglielmo Peralta e Nicolò Abbate: dovevano assolutamente non tenere più conto di quanto trasmesso dall’infanta Eufemia ormai considerata non aderente agli interessi di Re Federico IV, mentre continuava a dare ordini e disposizioni in accordo con Enrico Rosso (che per un periodo si schierò poi con gli Angiò) e Francesco Ventimiglia, quindi andava fermata.

La situazione diventava esplosiva anche perché nei conflitti tra i partiti pro-Aragona e pro-Angiò, si inserivano le lotte tra i singoli baroni, come il caso dei Ventimiglia che videro erodersi molti dei loro ricchissimi domini. Da una parte gli Alagona che fecero loro la Contea di Mistretta e Caronia (in quel momento, quindi, ex domini dei Ventimiglia). Ma ai Ventimiglia fu tolta anche Sperlinga, questa volta a opera dei Chiaromonte schierati con gli Angiò. Anche Cristia gli fu occupata, ma dai Peralta.

Chi legge queste righe comprende bene che la confusione e le lotte di puro interesse si mescolavano al resto.

Tornando al panorama generale, arrivarono successi anche militari per il partito aragonese e per i suoi componenti.

  • Poco più di tre mesi dopo, il 29 luglio, Giorgio Grifeo fu insignito della carica regia di Consigliere, mentre Artale d’Alagona riconquistò la piana di Milazzo e riportò a Catania, sede reale di Federico IV, la vicaria Eufemia.
  • Dopo quasi due settimane, agli inizi di agosto, sia il Re che il Conte Alagona comunicarono a Giorgio Grifeo che Ottobono Doria, grande ammiraglio del Regno, ma vicino agli Angiò, stava cambiando fronte, voleva schierarsi con il Sovrano Aragona. Quindi, il Capitano e Consigliere regio Grifeo doveva bloccare ogni attacco, di qualsiasi tipo, contro il nuovo e possibile alleato.
  • A settembre 1356 lo scontro fra angioini e aragonesi divenne critico a Messina, porto-chiave per la Sicilia. Giorgio Grifeo, Guglielmo Peralta e Nicolò Abbate avevano stabilito una tregua con i Chiaramonte nel teatro militare della Sicilia occidentale, fattore che per lo schieramento aragonese la cosa non era possibile.

Di conseguenza fu ordinato a Giorgio Grifeo di rompere la tregua con gli angioini perché questi ultimi, approfittando della fine delle ostilità nella parte occidentale dell’Isola, avevano concentrato truppe nella parte orientale e la cosa destava grandi preoccupazioni per la situazione di Messina. Due tappe videro Giorgio in prima fila:

  • il 24 ottobre la pace tra il Conte Alagona e i Ventimiglia, il 24 novembre l’invito rivolto ancora una volta a Giorno per combattere di nuovo contro i Chiaramonte che avevano conquistato Messina.
  • il tutto si trascinò fino al 16 giugno 1357 con diversi successi dello schieramento Aragona e del Conte Alagona. Ma già ad aprile Grifeo, Abbate e Peralta erano già andati a soccorrere e a difendere il castello di Cammarata nella zona dell’Agrigentino.
  • a settembre 1357 i Chiaramonte e gli angioini erano in rotta dalla Sicilia occidentale, persero Messina e il 24 dello stesso mese, Giorgio Grifeo, Guglielmo Peralta e Nicolò Abbate ricevettero le istruzioni per occupare i territori che in precedenza erano andati perduti.

Giorgio Grifeo, le forze partannesi e alleate, i combattimenti a Mazara del Vallo che, infine, fu riconquistata

L’operazione per conquistare Mazara del Vallo scattò a gennaio del 1358. Giorgio Grifeo equipaggiando 200 cavalieri uniti a soldati dei Peralta e con l’aiuto di molti mazaresi, riuscì a conquistare la città togliendola ai Chiaramonte.

Come si svolse il combattimento? Fu frutto di una bella trovata strategica.

Giorgio condusse le truppe fin sotto le mura di Mazara, poi ordinò una finta fuga in modo da attirare le forze dei Chiaramonte in un’imboscata. La trappola scattò e dopo un’aspra battaglia fu fatta strage dei nemici, il loro sangue inzuppava il terreno dello scontro. Giorgio con i suoi cavalieri partannesi e gli alleati Peralta, vinse,

Il cronista dell’epoca Michele da Piazza, autore ancora non del tutto accertato della Historia Sicula racconta nel capitolo I, pagina 126, che solo pochi superstiti delle truppe chiaramontane riuscirono a scappare attraversando una zona paludosa. Il problema era mantenere il dominio di Mazara del Vallo in un teatro bellico confuso e in continuo movimento. E Giorgio non potè aspettarsi degli aiuti sufficienti.

Infatti, il 22 gennaio Re Federico IV, in quel momento a Cefalù con Artale d’Alagona, la vicaria Eufemia e Francesco Ventimiglia (ma il sovrano si spostava da Polizzi lungo le Madonie, poi Gangi, Castelbuono, fino a Termini, Cefalù, Castrogiovanni-Enna e Agira), rispose a Giorgio Grifeo di non potere cavalcare fino a Mazara per le cattive condizioni del tempo invernale mentre avrebbe mandato cavalieri a Ciminna.

La lettera di Re Federico IV a Giorgio Grifeo – da “Documenti per servire alla storia di Sicilia” pubblicati a cura della Società siciliana per la storia patria, Prima serie – Diplomatica, Volume 9, Fascicolo I, pagg 427/428

Contemporaneamente però il Sovrano inviò diversi messaggi per cercare di difendere il possesso di Mazara e aiutare il Grifeo. Scrisse al Peralta, a Riccardo Abbate, agli altri baroni della Val di Mazara, nonché al senescalco (siniscalco) Matteo Moncada e a Blasco Alagona: dovevano far convergere truppe a difesa della città e conquistarne il castello di Mazara. L’impresa riuscì ai primi di febbraio.

La lettera di Re Federico IV a Giorgio Grifeo – da “Documenti per servire alla storia di Sicilia” pubblicati a cura della Società siciliana per la storia patria, Prima serie – Diplomatica, Volume 9, Fascicolo I, pag 434

Ma ci fu qualcuno che non volle aiutare Giorgio Grifeo, rifiutandosi di mandare cavalieri: fu la “compagnia di Cristia” composta da catalani, come raccontato dal già citato cronista Michele da Piazza. Proprio per questo fatto, Federico Chiaramonte riuscì a riconquistare Mazara, centro urbano così devastato dai continui scontri, che lo stesso cronista del XIV secolo lo descrisse come “quasi deserta remansit“.

Si arriva all’8 aprile del 1358. Re Federico IV ricevette alcune informazioni e concluse che i Chiaramonte non potevano più ricevere aiuti militari dagli Angiò di Napoli. Vista la situazione, il Sovrano chiese a Giorgio Grifeo di prendere le sue truppe, di radunare gli altri baroni della Val di Mazara e di raggiungerlo all’inizio di maggio. Poco dopo, lo stesso Re Federico chiese a tutti i convocati di scrivergli per dare il loro parere su un attacco di vaste proporzioni contro le posizioni nemiche e, per questo motivo, preparare uomini, armi e organizzare l’esercito.

La lettera di Re Federico IV a Giorgio Grifeo e agli altri nobili per un immediato attacco contro i Chiaramonte filo-Angiò – da “Documenti per servire alla storia di Sicilia” pubblicati a cura della Società siciliana per la storia patria, Prima serie – Diplomatica, Volume 9, Fascicolo I, pag 480
  • Nel corso dello stesso mese furono poste sotto assedio Lentini, Vizzini e Avola, mentre Caltagirone e Piazza furono occupate strappandole agli Angiò.
  • Appena dopo il 26 luglio 1358 il filo angioino Federico Chiaramonte fu attaccato in tutte le posizioni che teneva nella Val di Mazara come da ordini del Re spediti da Castrogiovanni-Enna: lo scopo era quello di impedirgli l’incontro con Manfredi Chiaramonte e con le forze angioine sbarcate dalla Calabria in Val di Noto. Proprio durante l’attacco sferrato dalle truppe aragonesi, Giorgio Grifeo si mise in luce come stratega prendendo Marsala, Mazara (ormai per sempre tolta ai Chiaramonte), Misilindino e Monte Grifo.
La lettera di Re Federico IV agli abitanti di Mazara, Marsala, Partanna, Misilindino, Belice e Monte Grifo perché obbediscano a Giorgio Grifeo, Capitano di Guerra e amministratore di Giustizia – da “Documenti per servire alla storia di Sicilia” pubblicati a cura della Società siciliana per la storia patria, Prima serie – Diplomatica, Volume 9, Fascicolo I, pag 489
  • il 9 agosto 1358 il Re consentì al Grifeo di ricompensare i suoi sostenitori con la spartizione dei beni appartenuti ai nemici. Su tutte queste terre, oltre che su Partanna e Belice, Giorgio Grifeo ottenne pure la nomina di Capitano di guerra e la facoltà di poter amministrare la giustizia in materia criminale.
La lettera di Re Federico IV a Giorgio Grifeo per ricompensare, grazie ai beni sottratti agli avversari sconfitti, coloro che con lui combatterono per conquistare Mazara, Marsala, Misilindino e Monte Grifo – da “Documenti per servire alla storia di Sicilia” pubblicati a cura della Società siciliana per la storia patria, Prima serie – Diplomatica, Volume 9, Fascicolo I, pag 489

Fare anche il pirata? Giorgio si mise in mostra anche in questo, ma… rischiò di far scoppiare un conflitto con Genova

Dopo le operazioni militari a terra nei vari teatri di battaglia in Sicilia, combattimenti che sarebbero continuati a lungo con continui, sofferti successi degli schieramenti aragonesi, Giorgio Grifeo pensò di dedicarsi a un altro tipo di attività: guerreggiare via mare.

Nel 1359 ha l’idea di allestire una Galeotta per depredare le navi, ovviamente nemiche, anche se poi andò oltre quel che doveva fare. Il successo e l’ebrezza della nuova avventura, delle vittorie, gli fecero perdere di vista l’obiettivo iniziale colpendo pure chi non avrebbe dovuto.

Possibile ricostruzione della Galeotta allestita da Giorgio Grifeo

Cosa era una Galeotta? Era una nave militare caratterizzata dalla velocità. Più piccola di una galea, colpiva rapidamente e poi via. Albero con vela latina che, passando per diversi ammodernamenti, fu usato anche fino al XVIII secolo.

Giorgio Grifeo ne armò una, ci mise sopra un consistente numero di uomini e via all’attacco!

Però commise un passo falso. Tra aprile e maggio del 1360 attaccò e saccheggiò sei navi incrociate nel tirreno vicino alla Sardegna. Le merci stivate in quelle imbarcazioni furono prese e, ogni volta, portate a Mazara del Vallo. Il bottino? Un grosso quantitativo di metalli preziosi e denari, stoffe e tanto altro. Come risultò successivamente, le navi depredate appartenevano ai mercanti genovesi Oberto Finimondo, Bartolomeo Ricio, Bertolo de Savona, Andreolo e Domenico de Santoromulo e Giovannuccio de Calvi.

Qui sorse il problema, perché Re Ferdinando IV di Sicilia aveva già stipulato un accordo con Genova fissando precisi privilegi che i commercianti e le autorità della nota Città marinara avevano in Sicilia.

A giugno tutta la merce depositata da Giorgio Grifeo a Mazara fu bloccata e messa temporaneamente sotto sequestro senza che l’appartenente alla Famiglia feudale di Partanna potesse disporne, neppure per la parte da dare ai marinai e alle truppe. Nel frattempo, giunse l’ambasciatore del doge genovese Cosmele di Bonanno, che andò subito alla Corte siciliana protestando per quelli che il diplomatico di Genova definì come saccheggi e atti di pirateria che superavano i 7.273 fiorini in valore. Se non ci fosse stato risarcimento, Genova prometteva rappresaglie.

Così il Sovrano ordinò a Giorgio Grifeo di restituire ai genovesi tutto il bottino.

Si sa però che Giorgio fu uno dei Maestri razionali del Regno, nel 1366 ereditò il feudo di Torretta in Val di Mazara da Verdina de Arenos, nel 1372 litigò e non fu più amico col suo compagno di battaglie Guglielmo Peralta (il quale non si fidava di fargli custodire la figlia inviata via mare a sposare il Conte di Prades), mentre l’11 aprile del 1374, ancora in carica come Maestro razionale del Regno, ebbe la libera estrazione dal porto di Sciacca di 200 tratte di frumento.

Non si conoscono altri particolari sulla vita di Giorgio Grifeo, morì il 20 agosto del 1382 giorno in cui fu aperto il suo testamento (informazioni dall’Archivio Grifeo custodito a Castello Grifeo in quel di Partanna) documento che descrive come il condottiero ebbe tre figli: Aloisia, primogenita, Verdina, secondogenita e Pietro che dal padre venne designato erede universale.

Mi piace ricordarlo sempre indaffarato in qualche impresa impossibile e perigliosa, sempre sul fil di spada.