Balconi di Sicilia, desiderio di natura e colori, ringhiere traboccanti di piante e fiori

É stupefacente. Basta alzare lo sguardo e te ne accorgi immediatamente… ed è sempre stupore. Balconi, balconcini, soprattutto negli antichi centri storici siciliani, non sono più spazi per l’affaccio degli umani, ma mini giardini pensili. Al massimo ci si possono fare due piccoli passi e non più, oppure mettere uno sgabello o una striminzita sediolina. Una realtà che ho ammirato ancora una volta nell’ultimo mio peregrinare tra Sicilia dell’Est e quella dell’Ovest, tra la costiera lavica di Aci Castello-Catania e la capitale del passato, la città dai tanti nomi storici che è Palermo.

Qui spenderò poche parole perché saranno le immagini a parlare.

Le essenze che traboccano da quei balconi sono tutte siciliane o comunque piante che sopportano climi caldi, anche tropicali. Crescono rigogliose, prepotenti, si sviluppano a dismisura verso l’alto o tantissimo verso i piani inferiori. Cercano di appropriarsi anche delle pareti, in ogni direzione. Ben che vada, quando rimane spazio su quei piccoli terrazzini, la vivibilità, la superficie calpestabile, è ridotta a meno della metà.

Confesso che, talvolta, questa sovrabbondanza verde quasi incontrollata arricchisce quel senso di decadenza che già caratterizza qualche grande palazzo. Tutto assume un più marcato tono nostalgico-misterioso.

Immaginate chi abita in quegli appartamenti. Il desiderio di una visione di bellezza deve essere potente. Fuori il baccano del traffico o il silenzio dei vicoli, il sole violento o l’ombra fitta, edifici con facciate scrostate o appena ridipinte, palazzi storici e antichi, oppure alloggi popolari.

Non c’è differenza.

Il verde rinvigorisce, mette di buon umore e spesso serve a nascondere realtà esterne che affliggono, come le mura troppo vicine di palazzi che stanno di fronte, finestre che guardano dentro la propria. Le piante rappresentano un’alternativa vivente alle tende. Una selva così fitta e padrona dello spazio che spesso, negli edifici più vecchi, le persiane in legno non possono più essere richiuse, ostacolate da quei rami pieni di verde e di fiori.

Immaginate queste persone, i loro ambienti, la vita quotidiana. Seduti su una poltrona in casa, o accomodati attorno a un tavolo, magari consumando il proprio pasto, sbrigando faccende domestiche, ecco che questi siciliani dirigono lo sguardo verso il proprio finestrone. L’occhio osserva fiori, una fitta selva verde fatta di pale di fico d’india, ibiscus, pomelie-plumerie (pianta-simbolo di Palermo), gelsomini, gerani, asparagina, limoni, sedum e tante piante grasse, fichi, alberelli vari, ficus di varia natura e provenienza.

La luce e le ombre giocano con le foglie, con i rami, con i fiori, come una proiezione caleidoscopica si gettano sui vetri dei finestroni e dentro le case. Ipnotico.

Spesso quei terrazzini sono così pieni che non c’è modo di infilarci neppure uno spillo: sovente, più sono piccoli, più traboccano di piante.

Quelli che i padroni di casa hanno riempito fino all’inverosimile di vasi, di vegetazione, sono spesso i balconi dei palazzi più modesti, affacci con una superficie così piccola da non permettere a più di tre persone di stare affiancate l’una all’altra, anche se attaccate fra loro. Terrazzini-sporgenze che hanno una profondità appena superiore a quella di un piede. Ma conosco pure alcuni terrazzi che nobildonne hanno trasformato in vere e proprie giungle.

Lo scopo di tutta questa natura voluta è sempre lo stesso. Godere di momenti, di contatto verde altrimenti difficile, anche in ricordo di quando si andava più spesso in campagna ma, soprattutto, per farne una barriera contro realtà sempre uguali e dure, caotiche o monotone.

Così, un pezzo di natura rigogliosa prende spazio, lo si lascia crescere per essere più sereni, felici.

Una bella pausa per la mente.

Bellezza a portata di mano.

Basta aprire i finestroni e toccare tutte quelle foglie, quei petali, versare l’acqua in quei vasi dando nutrimento a questi angoli di paradiso. Fa bene all’anima.

In quest’arte i siciliani sono maestri. Matrimonio perfetto con una natura che, pur non essendo più a portata di mano, viene regalata a questi piccoli spazi. Ma ha bisogno di amore ricambiato, non interessato. Uno scambio tra anime che fa crescere umani e vegetali.

Ammirando questi terrazzini appare davanti agli occhi tutto il ciclo esistenziale, anche la fine.

Quando la vita abbandona un appartamento, una stanza da letto, un soggiorno, una cucina, scivola via lentamente anche da quelle piante che avvizziscono.

Il verde sbiadisce abbandonandosi al marrone, si spegne pian piano ogni colore. Un’agonia lunga. L’illusione vitale di una pioggia può regalare solo un’ombra di forza, un’effimera speranza di sopravvivenza. Ma l’uomo, la donna che le cura non c’è più, spesso è un anziano passato ad altro piano d’esistenza.

Se non dovesse tornare un altro umano, la fine arriverà per tutte. E di questo molti balconi sono testimonianza evidente: finestre vuote o serrate da tempo, via le foglie, via i fiori. Solo rami come scheletri.

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