Protagonisti nelle indagini e nel recupero sono sempre loro, i Carabinieri TPC – Tutela patrimonio culturale. Ma devo aggiungere altri due personaggi, due amici, da sempre dediti alla lotta contro le organizzazioni criminali che depredano l’Italia e smerciano opere trafugate da scavi clandestini poi smerciate nell’ampio mercato dell’arte di tutto il mondo. A comprare dai ricettatori internazionali sono spesso musei di richiamo mondiale. Connivenze, acquisti illeciti di reperti archeologici trafugati in Italia che finiscono anche in grandi musei esteri, come gli ultimi 58 che dagli USA torneranno a casa. Questi sono gli ultimi di tanti episodi che hanno visto anche il coinvolgimento di Lynda Albertson, amministratore delegato di ARCA-Association for Research into Crimes against Art e dell’archeologo Stefano Alessandrini. Entrambi hanno spesso lavorato insieme. Su una bella fetta di quei 58 pezzi conoscono bene la storia e gli sforzi per mettere in luce quei particolari necessari al successivo sequestro.
I due sono veterani di queste operazioni e negli scorsi anni mi hanno permesso di costruire begli speciali giornalistici.
Tornando a questi ultimi oggetti, presto torneranno in Italia. I reperti resteranno a New York in attesa di essere rimpatriati con spedizione diplomatica. Tutti i pezzi appartengono alle civiltà romana, etrusca, magnogreca e apula con datazioni fra l’VIII secolo a.C. e il I secolo d.C.
Valore complessivo stimato in circa 19 milioni di dollari.

Il 6 settembre 2022 a New York, nella sede della Procura Distrettuale di Manhattan diretta dal Procuratore Alvin Bragg, i 58 pezzi sono stati restituiti simbolicamente all’Italia (da organizzare il trasferimento sicuro), oggetti che negli ultimi decenni erano finiti negli Stati Uniti, smerciati dai grandi trafficanti internazionali e ritrovati dai Carabinieri per la Tutela del Patrimonio Culturale (TPC) insieme ai colleghi di Homeland Security Investigations (H.S.I.).
Alla cerimonia (la terza in meno di un anno) erano presenti il dottor Fabrizio Di Michele, Console Generale d’Italia a New York, il Generale di Brigata Roberto Riccardi, Comandante dei Carabinieri TPC e il Col. Matthew Bogdanos, viceprocuratore del District Attorney’s Office di Manhattan.

“Le opere recuperate oggi sono di immensa rilevanza storica e artistica – ha sottolineato il Console Fabrizio Di Michele – Questa operazione di rimpatrio fa seguito ad altre due analoghe operazioni recentemente concluse con la Procura distrettuale di New York. Soltanto negli ultimi nove mesi, sono oltre 400 le opere d’arte restituite al nostro Paese”.
“Un grande dono per l’Italia che riavrà reperti di notevole valore. Opere che si trovavano in diverse collezioni private e in Musei americani molti noti – ha raccontato il Generale di Brigata Roberto Riccardi – La base della rete del traffico di reperti è l’Europa, la Svizzera, dove esistono molte Gallerie d’Arte che seguiamo sempre con attenzione”.
Il museo statunitense si è dichiarato estraneo agli illeciti che hanno portato questi reperti in esposizione nelle sue sale, alcuni anche da oltre quarant’anni. Purtroppo, però, non è la prima volta che accade, un andamento reiterato dei fatti, come accertato dalle indagini degli ultimi 16 anni circa.

La lunga lotta contro le complicità, anche di grandi musei internazionali, contro il saccheggio del patrimonio culturale dell’Italia e la fitta rete della ricettazione internazionale
Proprio Lynda Albertson racconta nei particolari la storica vicenda dei traffici illeciti grazie al blog di ARCA (link) nell’articolo “Museum restitutions are more than just the sum of their numbers” (link).
Una storia che ha origini a 16 anni fa, nel 2006, precisamente il 21 febbraio di quell’anno quando il Metropolitan Museum of Art di New York e il governo italiano firmarono un accordo in base al quale la struttura statunitense accettò di restituire 21 reperti saccheggiati da siti archeologici in Italia. Grazie a quel patto il museo di New York restituì pure un prezioso vaso greco del VI secolo a.C. (515 a.C. circa) noto come il vaso di Eufronio-Euphronios, nome uno dei più importanti pittori del mondo antico che dipinse questo oggetto creato dal ceramista Euxitheos. L’opera è conosciuta anche come cratere di Sarpedonte, nome del figlio di Zeus e di Europa, raccontato nella sua morte proprio dalle scene dipinte dell’opera stessa. Quest’antico e prezioso oggetto fu trafugato a Cerveteri intorno al 1971 ed esportato illecitamente all’estero per finire nell’esposizione del Metropolitan Museum of Art nel 1972: il mercante d’arte statunitense Robert Hecht Jr. e il “collega” italiano Giacomo Medici lo vendettero al museo newyorkese per un milione di dollari.
Come ha aggiunto Lynda Albertson, l’accordo col MET doveva stabilire regole precise, una serie di procedure e verifiche per evitare che nell’esposizione statunitense potessero esserci ancora reperti di provenienza incerta e illecita.
Tra gli antichi oggetti che all’epoca furono individuati anche 16 rari pezzi d’argento ellenistici frutto di scavi illeciti a Morgantina in Sicilia.
Nell’accordo stava anche scritto: I) Il Museo, respingendo ogni accusa di essere venuto a conoscenza della presunta provenienza illecita nel territorio italiano dei beni rivendicati dall’Italia, ha deliberato di trasferire gli Oggetti Richiesti nell’ambito della presente Convenzione. Tale decisione non costituisce riconoscimento da parte del Museo di alcun tipo di responsabilità civile, amministrativa o penale per l’originario acquisto o detenzione dei Beni Richiesti. Il Ministero e la Commissione per i Beni Culturali della Regione Sicilia, in conseguenza del presente Accordo, rinunciano a qualsiasi azione legale sulla base di dette categorie di responsabilità in relazione ai Beni Richiesti.
Ripeto, era il 2006.
Gli illeciti invece c’erano stati, ma l’arma della diplomazia mise tutti d’accordo, finirono le azioni legali e tutti amici più di prima. Doveva servire da esempio per altre grandi strutture museali del mondo che avevano nelle loro teche altri reperti sottratti illecitamente all’Italia.
Quindi, ecco arrivare il Codice etico ICOM per i musei redatto in quegli anni dallo stesso Consiglio internazionale dei musei, documento soggetto a continue revisioni (l’ultima del 2018). Tra i suoi punti caratterizzanti:
- 4.5 Esposizione di materiale di non provata provenienza
I musei dovrebbero evitare di esporre o comunque utilizzare materiale di dubbia provenienza o privo di indicazioni di provenienza. Dovrebbero essere consapevoli del fatto che tali esibizioni o usi possono essere visti per giustificare e contribuire al commercio illecito di beni culturali. - 8.5 Il mercato illecito
I membri della professione museale non dovrebbero sostenere il traffico o il mercato illeciti di beni naturali o culturali, direttamente o indirettamente.
Grande codice di condotta, è vero, ma i risultati?
Lynda Alberson è lapidaria.
Eppure, eccoci qui, 16 anni dopo quella firma dell’accordo Met-Italia, con lo stesso museo universale che [ancora] si tiene stretto e mostra materiale di discutibile origine, molto tempo dopo che i loro discutibili gestori si sono dimostrati sospetti. Allo stesso modo, 16 anni dopo, e con la persistenza operativa dell’Unità per il traffico di antichità presso l’ufficio del procuratore distrettuale di New York a Manhattan, vediamo altri 21 oggetti sequestrati il mese scorso dal più grande museo d’arte dell’emisfero occidentale.
In totale, circa 27 manufatti sono stati confiscati nell’ultimo anno dal Metropolitan Museum of Art. Solo nel 2022, cinque mandati di perquisizione hanno portato al sequestro di pezzi all’interno della collezione del museo, dimostrando che il Met e altri musei universali simili a questo, (vale a dire, il Musée du Louvre e il Louvre Abu Dhabi) devono ancora padroneggiare in modo soddisfacente i concetti di ricerca della “provenienza” e “due diligence”.
Lynda Albertson
Dell’ultimo sequestro citato dalla Alberson, datato 13 luglio 2022, si contano 27 reperti in tutto, con una chiara traccia clandestina e criminale.


Pezzi acquistati da “Robin Symes tramite la Xoilan Trading Inc. di Ginevra. Questa azienda condivideva l’indirizzo di un magazzino di Ginevra (Avenue Krieg, 7) con due delle società di Giacomo Medici, Gallerie Hydra ed Edition Services”.
“Symes è noto come uno dei principali mercanti internazionali di reperti archeologici frutto di scavi clandestini. Il suo nome appare in connessione con quattro diversi oggetti in questo sequestro del Met”.
Lynda Albertson
C’è da aggiungere che diversi reperti tra gli ultimi 58 individuati, sono il frutto dei traffici di un altro personaggio, Gianfranco Becchina, già noto alle forze dell’Ordine, mercante/ricettatore d’arte originario di Castelvetrano in Sicilia, nonché proprietario di una Galleria in Svizzera. Prima che glielo sequestrassero, possedeva anche un magazzino in porto franco svizzero, luogo ricolmo di reperti trafugati dall’Italia.
Di tutto questo bottino, 16 pezzi sono stati invece trafugati dall’Egitto e lì torneranno.
Questo è il quadro piuttosto desolante di una situazione che persiste nonostante gli accordi: basta andare ad accertare la provenienza di reperti in esposizione, anche nel notissimo museo statunitense.
La stessa Lynda Albertson pubblica poi nel suo articolo le schede degli oggetti che sono stati individuati e sequestrati il 13 luglio 2022: i più curiosi, gli appassionati, quelli che sono alla ricerca di ogni dettaglio per comprendere al meglio, è bene che vadano a leggerla direttamente, “Museum restitutions are more than just the sum of their numbers” (link).
3 commenti Aggiungi il tuo