Sicilia Occidentale. Dolci colline verdi dalle diverse sfumature di olivi e viti. Un paesaggio unico dominato dall’alto contrasto dei colori, ricco d’acqua da millenni, inserito nella Valle del Belìce. Sul colle maggiore sorge Partanna, in provincia di Trapani. Primo nucleo storico risalente a un migliaio di anni fa è Castello Grifeo. Proprio il Maniero il 28 maggio vedrà l’inaugurazione del rinnovato Museo. Tra storia millenaria e cultura del vino.
I nuovi percorsi del Museo, ideati dall’architetto Bernardo Agrò, direttore del Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, sono legati anche all’attività di ricerca e di studio del sempre presente Sebastiano Tusa. Saranno inaugurati sabato 28 maggio, alle ore 18,30 alla presenza di Nello Musumeci, presidente della Regione Siciliana, di Alberto Samonà, assessore regionale ai Beni Culturali e dell’Identità siciliana e di Nicolò Catania, sindaco di Partanna.


Acqua, terra, vino, storia, cultura, gente. In questa terra sono elementi che si incrociano continuamente dando forma a sempre nuove vicende e a nuovi corsi delle esistenze. Un processo iniziato tra Paleolitico e Neolitico, epoche così remote quanto testimoniate da reperti che sono custoditi nei saloni del Castello, spazi che ospitano anche una ricca pinacoteca con opere del 1400, 1600 e 1700. Altri ambienti raccontano le tradizionali lavorazioni che facevano capo al Castello, quelle per il trattamento delle uve e delle olive, le enormi botti che servivano per la conservazione del vino, i sotterranei a più livelli e tanto altro.
Il Museo rinnovato di Castello Grifeo
Un nuovo progetto museografico è stato realizzato nel Castello Grifeo di Partanna, una delle fortezze meglio conservate dell’intera Sicilia. La sua realizzazione è stata curata dall’architetto Bernardo Agrò, direttore del Parco Archeologico di Selinunte, Cave di Cusa e Pantelleria, nella cui competenza ricade anche il maniero di Partanna.


Quattro le sezioni museali.
– Quella Archeologico-Preistorica, costituita da reperti di età compresa fra il Paleolitico e il Neolitico, provenienti, in larga parte, dall’area archeologica di Contrada Stretto Partanna e da alcune necropoli del territorio belicino, con tombe a grotticella e a camera, datate media e tarda età del Bronzo.
La collezione si apre con i reperti di alcuni fossili rinvenuti nella valle che hanno permesso di documentare la presenza, in queste terre, nel Pleistocene (180.000 a.C.), di animali da tempo scomparsi in Sicilia quali elefanti, ippopotami e cervi. Ciò a dimostrazione che il Mediterraneo, nel corso dei millenni, è stato anche un mare poco profondo e con terre emerse ben diverse dell’attuale conformazione geografica, tanto da consentire agli animali di grossa taglia di spostarsi dal continente africano fino in Sicilia.


Di grande evidenza anche una curiosa quanto inedita attività clinica che risale al Paleolitico. Da non dimenticare il cranio trapanato, risalente a circa 3.000 anni prima di Cristo, con evidente riformazione parziale del callo osseo, indice di buona sopravvivenza (non lunga) del paziente operato alla testa.
– La sezione di Arte medievale e moderna custodisce dipinti e affreschi che risalgono a un’epoca compresa tra il XV – XVII secolo. Spicca il portale d’ingresso che dalla Corte del Castello immette nella “Sala del Trono”, un accesso sormontato da un bassorilievo marmoreo in una particolare forma romboidale, opera dell’artista Francesco Laurana che ebbe bottega a Partanna nel 1468.
Particolarmente prezioso per la sua bellezza, ma anche per la singolarità della vicenda che ne ha determinato la deturpazione, il polittico della Madonna del Rosario tra Santi domenicani, datato 1585 proveniente dalla chiesa di San Francesco d’Assisi che porta la firma del pittore fiammingo Simon de Wobreck, attivo in Sicilia tra il 1557 e il 1585. L’opera nel 1910 fu portata presso i depositi della galleria regionale di Palazzo Abatellis a Palermo in seguito ad un atto vandalico perpetrato da un sacrista.



L’ultima sezione del piano corte è costituita dalla casa-museo con alcune testimonianze di vita dai primi del 1900 (alla fine dell’Ottocento nel Castello viveva ancora l’ultima Grifeo residente a Partanna – altri della Famiglia erano a Palermo, Caltagirone e a Catania -, principessa sepolta nella parte monumentale del locale cimitero). Il riferimento all’inizio XX secolo è alle antiche scuderie dove si trovano botti monumentali e antichi palmenti per la produzione del vino.
In questo spazio, realizzato in collaborazione con associazioni culturali come Iter Vitis, l’itinerario internazionale riconosciuto dal Consiglio d’Europa, le Strade del Vino, il GAL Valle del Belice, si racconta la storia millenaria del vino in Sicilia, realizzando una connessione ideale con il Parco archeologico di Selinunte dove, attraverso il progetto “colture culturali” si è già dato corso alla produzione di grani antichi, agli olii di storica e antica coltivazione narrata dalle fonti e al recupero della coltivazione di antichi vitigni.


Il Castello e i circa 930 anni di storia ininterrotta della Famiglia Grifeo
Riprendendo quanto ho scritto anche sul sito di Famiglia (www.grifeo.it), da quando il Gran Conte Ruggero il Normanno espugnò Partanna ponendo fine al locale dominio musulmano, la Fortezza è diventata residenza e simbolo temporale della Famiglia Grifeo che ebbe in Giovanni il primo assegnatario nell’anno 1091.
Oltre nove secoli di storia durante i quali il Maniero non ha mai mutato il suo compito. Si è trasformato, allargato, è divenuto più complesso, poi ha diminuito la sua superficie adattandosi al ridisegno urbano di Partanna voluto dagli stessi Principi Grifeo per creare un ingresso più importante al corso principale di Partanna.



In tutti quei secoli il Castello ha sempre rappresentato il governo della Famiglia nella cittadina e nei territori circostanti. Come il qualsiasi altra, buona storia medievale.
All’inizio della dominazione araba, il piccolo complesso urbano di allora (che ha dato origine all’attuale cittadina) fu dotato di due torri di guardia: una trasformata in campanile della chiesa del SS. Crocifisso (dove oggi si trovano i resti della Chiesa del Purgatorio) e l’altra inglobata nel castello edificato poco dopo con l’inizio del regno normanno sfruttando il casale fortificato musulmano.
Le origini della struttura, come della cittadina, sono ben più antiche. Bisogna risalire alla preistoria, come testimoniano le tombe a grotticella dell’Età del Bronzo rinvenute nella Contrada Grotte.
La roccaforte fu prima un insediamento sicano del X secolo a. C. poi greco e romano.
Una volta il Castello dominava l’intero abitato, ma il successivo sviluppo dell’area urbanizzata ne ha sminuito la collocazione primaria, in quanto gli edifici di abitazione hanno ricoperto altre aree a quote più elevate.
Quando oggi lo si osserva, il maniero presenta parte della sua ristrutturazione del 1400 che partì dalla base più vasta del maniero medievale. In precedenza era ampio almeno il doppio, connesso alla cinta muraria che circondava Partanna e comprendente quella che poi fu la Chiesa del Purgatorio e la grande torre annessa poi al tempio. Dopo il ridisegno del XV secolo, tutto fu poi rimaneggiato nel XVII secolo.
Analizzando il lato Nord è da ammirare il portale bugnato di ispirazione manieristica. Fu commissionato dal Principe Domenico Grifeo nel 1658 proprio come scenario principale per il nascente Corso principale di Partanna, l’attuale via Vittorio Emanuele, che si sarebbe inoltrato nel cuore di Partanna, dallo stesso Castello fino alla Chiesa della Madonna delle Grazie. Lungo il percorso la magnifica Chiesa Madre che rappresenta uno dei più alti esempi del Barocco Trapanese.
All’interno della cosiddetta “Sala del Trono” o Sala delle Feste, da ammirare è l’affresco che narra le origini siciliane della Famiglia Grifeo.
Le figure e il testo che compare sullo scudo di Giovanni I Grifeo, raccontano le origini dell’intitolazione del Feudo: lo stesso Giovanni I salvò il Gran Conte Ruggero durante un duello contro il condottiero arabo Mogat. La stessa raffigurazione col Gran Conte Ruggero e Giovanni I Grifeo è riportata in un gruppo scultoreo collocato sul portale d’ingresso della Cattedrale di Mazara del Vallo


L’investitura ufficiale con il titolo di Barone fu confermata nel 1137 in favore di Giovanni II Grifeo ad opera di Re Ruggero II.
Sempre nel Salone centrale o meglio, in un passaggio attiguo ad altri ambienti, compare un piccolo sportello che si apre su una scala a chiocciola in salita. Questa dà l’accesso a un ambiente angusto, buio che si vorrebbe identificare con la “Cella della monaca” dove – pare – vivesse rinchiusa per voto una religiosa appartenente alla Famiglia Grifeo o, forse, così punita per aver rivolto le sue attenzioni a un giovane che non era dello stesso lignaggio. In verità i resti della monaca o della sua presenza, non sono mai stati ritrovati, quindi la Cella rimane relegata alla leggenda… anche se in molti testimoniano sulla sua benevola presenza tra le mura del Castello.


Nei sotterranei si trovano diversi corridoi, vari ambienti e celle, una fossa scavata nella roccia per conservare il grano, un’altra grande per conservare anche il ghiaccio a strati frammisti di paglia e un lungo cunicolo che passando sotto le mura della fortezza, porta verso l’esterno. il percorso sotterraneo è ancora da esplorare completamente. Le antiche storie narrano di un lungo passaggio sotterraneo che si allontanava dal Castello.
Nasconderà qualche segreto o qualche cimelio di Famiglia?



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