Le uve “Aminee” e le “Nomentanae” per vini di alta qualità, il “Rubello” che ebbe uno dei suoi bacini naturali anche nell’area corrispondente alle grandi ville tra Roma e Mentana, poi la vite “Labrusca” selvatica e tante altre denominazioni che fecero del bacino laziale e romano uno dei poli più vitali e importanti dell’antica produzione del vino. Questo grande patrimonio colturale nonché crescente prodotto della viticoltura moderna, poteva non essere al centro dell’Excellence Food Innovation 2022?
Caio Plinio Secondo o Plinio il Vecchio, scrittore, filosofo, naturalista e governatore della Roma imperiale, scrisse la sua “Naturalis Historia”, enciclopedia in 37 volumi che spaziava dalla medicina alla lavorazione dei metalli passando per la geografia, l’antropologia, la zoologia e la botanica. Al capitolo XIV (link per la lettura) di questa magna opera, Plinio scrisse che almeno due terzi della produzione totale di vino proveniva dall’Impero. Tra quelle righe elencò 91 vitigni diversi con 195 specie di vini suddivisi in: 12 prodigiosi, 50 definiti come generosi, 38 oltremarini, 18 dolci, 64 contraffatti. Lo scrittore stilò una sua classifica collocando al primo posto un vino di Terracina, il Cecubo. Poi il Falerno prodotto tra Lazio e Volturno e, al terzo posto, i vini dei Colli Albani.
Questa storia millenaria del vino capitolino è stata al centro dell’intervento avvenuto l’11 novembre 2022 alla IX edizione di Excellence. Il Consorzio di Tutela Vini Roma DOC ha voluto sottolineare questo patrimonio e lo status del prodotto, oggi in grande crescita. Grandi le potenzialità ancora da esplorare e da realizzare.
Al Roma Convention Center – La Nuvola il Consorzio ha preso spazio con il prestigio del passato storico vitivinicolo locale: iniziato in epoca etrusca, fu poi arricchito dall’apporto dell’Antica Grecia continentale e dalla Roma repubblicana e imperiale. Un momento di confronto, quello di Excellence, che ha messo in luce le strategie di questo settore nell’agricoltura romana e i traguardi già raggiunti.
A disegnare la realtà odierna, Tullio Galassini, presidente del Consorzio di Tutela Vini Roma DOC (link), Pietro Abate, segretario generale della Camera di Commercio di Roma (link), Renato Brunetta, professore universitario, Flavia D’Auria della CCIAA di Roma, con gli interventi coordinati da Stefano Carboni di MG Logos.




“Il Lazio è considerato come l’area del Mediterraneo più votata al vino. Nella realtà di oggi, a fronte di una tale situazione, c’è ancora tanto potenziale da sviluppare. Particolare attenzione all’aspetto qualitativo più che quantitativo distaccandosi da quanto avveniva nel passato”, ha sottolineato il professore Renato Brunetta che anche in precedenza ha dedicato molta della sua opera per il racconto e l’analisi della realtà vitivinicola.
Un bacino del vino tutto da sostenere, quindi spalleggiare la missione del marchio Roma Doc, come sottolineato anche da Pietro Abate. Ancora di più in un momento del genere che, come ha evidenziato pure Tullio Galassini, lo slancio verso la qualità e la produzione è stato frenato dal maggior costo energetico e dei materiali utili al confezionamento dei vini, a cominciare dal solo vetro per le bottiglie.
Già nel volume Roma DOC pubblicato a settembre 2019 nella collana Italia del Vino delle Guide di Repubblica, era stato dato un quadro di quest’area vitivinicola, dei vini dell’antica Roma, dei pontefici.




L’evoluzione netta del Consorzio, nato nel 2011 come Associazione Produttori Vini Doc Roma con 58 ettari in produzione per 500.000 bottiglie, ha visto un ampio salto con la nascita consortile il 20 giugno 2018 e l’ampliamento a 178 ettari, alle 96 aziende che fanno parte della filiera (87 aderenti del consorzio tra produttori, conferitori, imbottigliatori) e al volume in numero di bottiglie che ha toccato anche i due milioni e mezzo.
Particolare attenzione quindi alla valorizzazione dei vitigni autoctoni, per i bianchi la Malvasia del Lazio insieme al Bellone, al Bombino, al Greco e al Trebbiano verde, ceppi che rappresentano la tradizione storica del territorio. Stesso discorso per i vini rossi con azione mirata al Montepulciano protagonista principale della piattaforma con vitigni dai similari caratteri diagnostici più importanti classificati secondo la disciplina agraria dell’ampelografìa (con Cabernet e Sirah), vitigno affiancato dal Cesanese e dal Sangiovese.
A oggi il mercato del Roma DOC è per l’80 esterno all’Italia.




“Da quel primo volume sulla Roma Doc, l’idea è adesso di aprire un grande portale internazionale in più lingue, ma per caratterizzazione storica, anche in Latino – ha sottolineato Brunetta – È la nostra storia, il nostro retaggio e va aggiunto alle parti del portale in Inglese, Francese, cinese, spagnolo e in altre lingue del mondo”.
“Per consolidare il successo di Roma DOC a oggi quantificabile nel 20-25% annuo – ha aggiunto il presidente del Consorzio – occorre controllare con attenzione ogni anello della filiera per perseguire l’assoluta qualità. Di progetti ne abbiamo numerosi. Uno dei primi punti è fare sì che la ristorazione romana proponga con forza il vino locale facendolo conoscere maggiormente ai consumatori e al turismo anche estero che affolla i ristoranti di Roma e della sua provincia”.
“Se la ristorazione romana può contare su circa 10.000 esercizi – hanno detto Abate e Brunetta – immaginate già il risultato iniziale se, di questi, iniziassero ad aderire mille ristoranti nell’offerta e nella promozione del vino di Roma, del vino dei papi. Naturalmente l’obiettivo finale e primario rimane quello di riuscire a coinvolgerli tutti”.




Sangiovese e Malvasia del Lazio possono vantare le origini più antiche e a queste si aggiunge il Giacché, vitigno che anticamente cresceva in modo spontaneo nella macchia mediterranea, molto apprezzato al tempo degli Etruschi, successivamente citato nell’Eneide da Virgilio.
Nell’antica Roma, quella repubblicana e poi imperiale, i vini più diffusi erano prodotti nel Lazio, nella Campania e in Sicilia. e nel passaggio all’età augustea sul podio erano il Falernum, il Caecubum e l’Albanum.
Nella precedente età del Bronzo, a opera degli etruschi, i vitigni trattati erano la Vitis vinifera ssp. Sylvestris, quella selvatica, fino alla Vitis vinifera ssp. Sativa passando per forme intermedie di addomesticamento della pianta. Gli Etruschi iniziarono e preferirono la coltura secondo il metodo della “vite maritata”, sviluppata abbracciando un albero che ne diventa il sostegno. Gli alberi scelti erano di solito l’olmo o il fico (nel corso dei secoli anche pioppo e acero) per una questione di compatibilità tra gli apparati radicali in modo che non si dessero reciprocamente fastidio cercando alimento nel terreno.
Il contatto con il mondo greco e poi lo sviluppo in epoca romana portarono alla distinzione di due tipologie di coltura: la precedente, la maritata o l’arbustum, come nel 39 d.C. la indica Marco Terenzio Varrone nel suo De Re Rustica e la sempre più diffusa Vinea, termine che da quell’epoca si riferì alla coltivazione grazie al metodo a vite bassa.
Un particolare metodo è giunto fino ai nostri giorni. Si tratta del metodo di vite maritata e da questa derivata. Si trova nell’area di Aversa con il vitigno Asprinio coltivato superando anche 20 metri d’altezza, originariamente con la pianta appoggiata a olmi o pioppi e nominata “Alberata Aversana”. Negli ampi spazi tra le piante tenute così in alto si coltivava spesso anche la Canapa (pure cereali, granturco, patate), canapa che fu tra le migliori d’Italia e del mondo, molto utile anche per cordame e vele utili alla marina militare e commerciale e fiorente fino agli anni 50 del 1900.
Excellence Food Innovation 2022
Grande evento romano sul cibo e sul bere bene, sulle eccellenze del gusto, manifestazione popolata da ottanta chef, duecento aziende, due aree show cooking, un temporary restaurant e quaranta tra convegni, talk, seminari e masterclass.
Quindi, degustazioni, formazione, ricerca e incontri tra scoperta e business. Tutto è andato in scena dal 10 al 12 novembre nei grandi spazi del Roma Convention Center La Nuvola.
Lo chef Heinz Beck (tre stelle Michelin col suo ristorante La Pergola al Rome Cavalieri Waldorf Astoria) ha aperto l’evento dando voce al filone conduttore della Rigenerazione fissato per questa IX edizione di Excellence.
Tra gli chef protagonisti dell’evento – molti stellati Michelin -, Giuseppe Di Iorio, Andrea Pasqualucci, Mirko Di Mattia, Oliver Glowig, Massimo Viglietti, Dino De Bellis, William Anzidei, Giuseppe D’Alessio, Simone Maddaleni, Daniele Roppo, Alessandro Borgo e Matteo Militello.
Excellence Food Innovation (link) è organizzata dai fratelli Pietro e Claudio Ciccotti.