La Democrazia: aperta a tutti e selezione dei migliori. Pericle, “Qui ad Atene noi facciamo così”

Lo disse Pericle-Περικλῆς, figlio di Xantippo del demo di Colargo – militare e politico ateniese – e della nobile Agariste appartenente alla famiglia degli Alcmeonidi e figlia di Ippocrate il Vecchio. La Democrazia, aperta a tutti e selezione dei migliori: “Qui ad Atene noi facciamo così”.

Da tempo ho la netta sensazione che rispetto ai principi enunciati da Pericle nel 430 a.C. siamo tornati indietro. Molto indietro. Una sensazione che provo da ragazzo, da una vita intera. E più sono andato avanti con l’età, più la sensazione voleva mutare in convincimento.

Che dite?

Pericle, figlio di Xantippo, Ateniese”. Busto in marmo, copia romana da originale greco del 430 a.C. – Museo Pio Clementino, Palazzetto del Belvedere, Musei Vaticani

In effetti esistono due vesti diverse del discorso: uno pronunciato all’ottobre del 430 a.C., come epitaffio per i caduti in combattimento alla conclusione del primo anno della Guerra del Peloponneso; l’altro è precedente, risale al 440 a.C. durante la Guerra di Samo.

Per quanto mi riguarda ne metto i due testi riportati, il secondo più letteralmente tradotto.

Tucidide racconta Pericle mettendo probabilmente insieme gli elementi dei due epitaffi quando compone Le Storie o Guerra del Peloponneso-Περὶ τοῦ Πελοποννησίου πoλέμου, al Libro II.

[…] Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza. […] disse Pericle ai suoi ateniesi.

Pensando alla realtà odierna, quanto e quante volte devono essere letteralmente strappati questi meriti dell’eccellenza? Quanto e quante volte la società e la democrazia non riconoscono e non esaltano automaticamente i meriti dell’eccellenza?

Porgo a chi mi legge l’arduo compito di rispondere a queste mie domande.

Ma non è solo questo il nodo cruciale contenuto nelle parole di Pericle, pensieri che ci giungono dalle profondità di 2500 anni fa. Un esempio tra i possibili? C’è l’assoluta libertà individuale di vivere come si vuole senza che nessuno giudichi: “La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo… ”.

E ancora, “… la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero”. Insomma, tantissimi concetti riuniti per costruire una vera democrazia.

Non credo di ricordare politici dei nostri tempi, quelli che determinano la conduzione dello Stato, che abbiano pronunciato discorsi con così tanti significati tutti insieme. Nemmeno simili.

Attendo smentite.

Quella di Pericle sarà pure un’idealizzazione estrema del concetto di democrazia, ma sono alti concetti-base, utili a costruire un’esistenza veramente degna.

“Qui ad Atene noi facciamo così.

Qui il nostro governo favorisce i molti invece dei pochi: e per questo viene chiamato democrazia.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Le leggi qui assicurano una giustizia eguale per tutti nelle loro dispute private, ma noi non ignoriamo mai i meriti dell’eccellenza.

Quando un cittadino si distingue, allora esso sarà, a preferenza di altri, chiamato a servire lo Stato, ma non come un atto di privilegio, come una ricompensa al merito, e la povertà non costituisce un impedimento.

Qui ad Atene noi facciamo così.

La libertà di cui godiamo si estende anche alla vita quotidiana; noi non siamo sospettosi l’uno dell’altro e non infastidiamo mai il nostro prossimo se al nostro prossimo piace vivere a modo suo.

Noi siamo liberi, liberi di vivere proprio come ci piace e tuttavia siamo sempre pronti a fronteggiare qualsiasi pericolo.

Un cittadino ateniese non trascura i pubblici affari quando attende alle proprie faccende private, ma soprattutto non si occupa dei pubblici affari per risolvere le sue questioni private.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Ci è stato insegnato di rispettare i magistrati, e ci è stato insegnato anche di rispettare le leggi e di non dimenticare mai che dobbiamo proteggere coloro che ricevono offesa.

E ci è stato anche insegnato di rispettare quelle leggi non scritte che risiedono nell’universale sentimento di ciò che è giusto e di ciò che è buon senso.

Qui ad Atene noi facciamo così.

Un uomo che non si interessa allo Stato noi non lo consideriamo innocuo, ma inutile; e benché in pochi siano in grado di dare vita ad una politica, beh tutti qui ad Atene siamo in grado di giudicarla.

Noi non consideriamo la discussione come un ostacolo sulla via della democrazia.

Noi crediamo che la felicità sia il frutto della libertà, ma la libertà sia solo il frutto del valore.

Insomma, io proclamo che Atene è la scuola dell’Ellade e che ogni ateniese cresce sviluppando in sé una felice versatilità, la fiducia in se stesso, la prontezza a fronteggiare qualsiasi situazione ed è per questo che la nostra città è aperta al mondo e noi non cacciamo mai uno straniero.

Qui ad Atene noi facciamo così”.

[37,1] Abbiamo una costituzione che non emula le leggi dei vicini; ma siamo noi stessi un modello piuttosto che gli imitatori degli altri. E quanto al nome, per il fatto che non si amministra la comunità nell’interesse di pochi, ma di una maggioranza, si chiama “democrazia”: secondo le leggi vi è per tutti l’eguaglianza per ciò che riguarda gli interessi privati; e quanto alla considerazione di cui si gode, ciascuno è preferito per le cariche pubbliche a seconda del campo nel quale si distingue, e non per la classe da cui proviene più che per il merito; d’altra parte, quanto alla povertà, se uno è in grado di far del bene alla città, non è impedito dall’oscurità della sua posizione sociale.

[2] Noi esercitiamo la nostra vita di cittadini liberamente, sia nei rapporti con la comunità, sia per ciò che riguarda i sospetti reciproci nelle attività di tutti i giorni: non siamo adirati col nostro vicino se fa qualcosa secondo il suo piacere, né infliggiamo molestie che, pur non facendo del male, sono tuttavia fastidiose alla vista.

[3] Mentre ci regoliamo nei nostri rapporti privati senza offendere, nella vita pubblica non ci comportiamo in modo illecito, soprattutto a causa del rispetto, perché diamo ascolto a coloro che di volta in volta sono in carica e alle leggi, specialmente quelle che sono stabilite per aiutare le vittime di ingiustizia e quelle che, senza essere scritte, portano a chi le viola una vergogna comunemente riconosciuta […].

(Tucidide, Le Storie, vol. 1, a cura di Guido Donini, Torino 2005, pp. 330-342)
Pubblicità

Rispondi

Inserisci i tuoi dati qui sotto o clicca su un'icona per effettuare l'accesso:

Logo di WordPress.com

Stai commentando usando il tuo account WordPress.com. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto Twitter

Stai commentando usando il tuo account Twitter. Chiudi sessione /  Modifica )

Foto di Facebook

Stai commentando usando il tuo account Facebook. Chiudi sessione /  Modifica )

Connessione a %s...