La Tavola Matematica nella Casina Cinese al Real Parco della Favorita di Palermo: meccanismo ingegnoso per servire i pasti ai Reali Borbone… senza farsi vedere

Alla fine del 1700 e nei decenni a seguire fu in voga la moda dei meccanismi automatici, di automi, animali meccanici con carica a molla, spesso frutto di alta gioielleria, mania che si fuse con la sempre più crescente passione per l’Oriente e la Cina. Anche alla Corte Borbone, così legata alle altre d’Europa, si pensò a un particolare meccanismo per servire a tavola senza l’uso di personale che girasse intorno, un sistema ideato e realizzato a Palermo, all’interno della Casina Cinese, Residenza Reale appena fuori città, nel Parco della Favorita.

Sembrerebbe piuttosto semplice, a livello ideale, raccontare il meccanismo della Tavola matematica, tutta un’incastellatura in legno, corde, tiranti, piombi, molle e ingranaggi. Matematica” perché frutto di un progetto ingegneristico dell’epoca che unì i calcoli per punti di leva, trasmissione dei movimenti, sistemi di equilibrio, bilanciamento dei pesi e spostamento di masse con la pura creatività. Quindi, un dispositivo parecchio complesso considerando oltretutto la realtà tecnologica di fine 1700. Per goderne appieno e apprezzare questa realizzazione nei suoi particolari bisogna proprio andare a vederlo. Me ne sono reso conto durante la mia visita alla Casina Cinese quando sono andato a curiosare, ad ammirarlo e a scattare foto.

La graziosa residenza estiva del Sovrano, la Real Casina Cinese

La Vanguard, nave ammiraglia di Horatio Nelson

Era un periodo di particolari sconvolgimenti politici dovuti all’ondata napoleonica. Le truppe francesi avevano preso il controllo del Regno di Napoli. Così, negli ultimi giorni del 1798 Re Ferdinando IV di Napoli e III di Sicilia arrivò nell’Isola a bordo della HMS Vanguard, nave ammiraglia di Horatio Nelson. Il trasferimento serviva per costituire un nucleo di resistenza e di continuità del Regno Borbone: Palermo divenne sede della Corte e del governo.

Il Palazzo Reale al centro di Palermo c’era, antichissimo e ricco di storia con evidenze architettoniche di varie culture, normanna, araba, sveva, spagnola, sede dei re di Sicilia dall’XI e XII secolo.
A Re Ferdinando e alla moglie, la Regina Maria Carolina, una delle figlie dell’Imperatrice d’Austria Maria Teresa, serviva un’altra sede che fosse esterna alla convulsa Palermo, un rifugio per alcuni momenti fuori dalla gestione politica dello Stato, che fungesse anche da vera e propria residenza estiva.

Fu individuato il luogo giusto nella Piana dei Colli, più spostato verso ovest rispetto a Palermo e praticamente sotto Monte Pellegrino. Grazie a editti regi furono acquistati ed espropriati terreni che appartenevano alle famiglie nobiliari degli Airoldi, Alliata, Malvagna, Niscemi, Salerno, Lombardo e Vannucci. Quella era infatti una delle zone di villeggiatura e di nobili residenze di campagna.
Nacque così il Real Parco della Favorita esteso su circa 400 ettari, ricco di essenze arboree e piante da frutto, agrumi, fichi d’India, carrubi, senza tralasciare un’ampia estensione a uliveto e un’area molto vasta come riserva di caccia, vero spasso per il Sovrano.

L’architetto palermitano Giuseppe Venanzio Marvuglia progettò gli spazi dei giardini di pertinenza della stessa Palazzina dedicandosi soprattutto e con grande ingegno, alla sistemazione della Casina Cinese.

Questa già esisteva, in uno stile che richiamava la Cina secondo il volere del primo proprietario, Benedetto Lombardo, Barone della Scala, che ne aveva disposto la costruzione nel 1790. Ma era ancora da completare.

Per le decorazioni sia degli interni che degli esterni furono chiamati artisti come Benedetto Cotardi, Giuseppe Velasco, Giuseppe Patania e Raimondo Gioia.

La meraviglia della Tavola Matematica alla Real Casina Cinese

Per la trasformazione in Residenza Reale il Sovrano dispose l’acquisto dell’edificio nel 1799, operazione conclusa da Principe Riggio di Aci e Catena.

Provate a immaginare l’atmosfera a lavori conclusi e all’insediamento dei Sovrani. L’edificio era inteso proprio come rifugio e luogo di momenti intimi, una magnifica palazzina incastonata nella lussureggiante natura siciliana.

Ferdinando di Borbone si espresse chiaramente nel voler dare alla Casina un’impronta ancora più decisa come ambientazione alla cinese e l’architetto Lombardo fece un ottimo lavoro.

La Tavola matematica era un “mobile meccanico che celava sotto al ripiano ricoperto da preziose tovaglie la vera e propria struttura a leve, assi mobili e guide in legno che si distendeva verticalmente fino alla camera posta al di sotto della Salle à manger. Il sistema doveva garantire l’intimità ai sovrani o agli invitati (pochi) per colazioni e pranzi che dovevano rimanere riservati, senza che neppure si presentasse il personale per servire a tavola. Riservatezza rappresentata anche dalle dimensioni intime dello stesso ambiente destinato al desinare.

Casina Cinese a Palermo, la Tavola matematica: i posti a sedere e gli scomparti per la comparsa delle portate, i cordini che i commensali tiravano per far capire al piano sottostante cosa doveva salire fino al piano tavolo, il complesso sottostante fatto di carrucole, corde, canapi, ripiani semoventi, ingranaggi, sezioni con le indicazioni dei piatti e delle bevande richieste

Era un sistema meccanico con pesi e contrappesi (utili a sollevare i piani con le portate quasi fossero senza peso), carrucole, ingranaggi, fili metallici, cavi, canapi, molle e comandi. Tutto metteva in comunicazione la Sala da pranzo con l’ambiente di servizio sottostante in diretta dipendenza delle cucine reali e di quella rustica che erano separate dall’edificio centrale.

La tavola, di forma rotonda, ha i suoi posti a sedere e quattro fori grandi tanto quanto piatti-vassoi in spostamento da e per l’ambiente di servizio al piano inferiore, più un ripiano centrale, anch’esso destinato a far salire e scendere vassoi più grandi e quadrangolari.

Si trattava di un geniale montacarichi multiplo completo di sistema di comunicazione, realizzato dallo stesso architetto Marvuglia.

Accanto a ogni posto erano (e sono) presenti dei cordini di vario colore: se il Re, la Regina o i pochi invitati desideravano del vino, dell’acqua, il pane, la portata successiva, bastava che tirassero la cordicella corrispondente.

Al piano di sotto, a ogni tiro di cordicella, scattavano in risposta campanelli e indicatori in corrispondenza delle etichette pane, aromi, vino e acqua ecc.

In questo modo gli addetti caricavano il piatto o le bottiglie nel sistema che poi il meccanismo faceva salire al piano superiore fino al piano tavola. I Sovrani non avevano che da prendere quel che a loro serviva e che era emerso dai grandi fori. Le stoviglie usate prendevano il posto dei piatti arrivati poco prima: in questo modo scendevano al piano di sotto.

Anche qui dovete giocare di immaginazione, sentirvi re e regine o invitati dai sovrani a pranzi privati. Vi siete accomodati a tavola, la conversazione elegante e spiritosa continua tra i pochi commensali. Qualche battuta di spirito che a Re Ferdinando piace tanto, qualche risata, poi inizia il pasto. Tirate la cordicella giusta e dall’apertura centrale ecco comparire in risalita, con movimento soave e leggero, il grande piatto di portata con la prima pietanza. Si ha voglia di panini profumati, di un robusto vino rosso? Altro tiro di un’altra cordicella colorata e dalle aperture più piccole e tonde ecco sollevarsi vassoi con quanto chiesto.

“Nella sala destinata a desinare per via di maestrevoli ordegni sale dalla cucina la tavola col pranzo imbandito, fermandosi in mezzo dei commensali, che si trovano a sedere, i quali senza l’assistenza ed il ministero dei familiari, chiamando ciò che loro abbisogna per via di lacci concertati, che corrispondono a diversi campanelli, acconciatamente disposti, quali porta-voce nella camera inferiore, vengono serviti di piatti, bicchieri, di posate, e di quanto altro loro occorre, montando il tutto col mezzo di ingegnosa molla”.

da una Guida di Palermo del 1816

Oggi è tutto visibile, perfettamente restaurato, gli stessi piatti-vassoi sono quelli originali con i punzoni di Casa Borbone. Al piano di sotto dove è visibile il grosso del meccanismo e dove sono presenti gli armadi per le stoviglie, uno schermo touchscreen spiega al visitatore i movimenti del meccanismo e la sua storia.

C’era un solo precedente al meccanismo di Re Ferdinando di Borbone. Era quello della table muovant voluta da Luigi XV, progettata e fatta costruire dall’inventore Antoine-Joseph Loriot esperto in meccanica.
Il Sovrano francese la volle per il Petit Trianon, piccolo castello in stile Neoclassico con ampia veduta sui giardini all’interno del grande parco della Reggia di Versailles: costruzione che il Re francese volle per la sua favorita, Jeanne-Antoinette Poisson, Marchesa di Pompadour, la celebre Madame de Pompadour; questa morì prima del completamento, quindi passò alla successiva favorita del Sovrano, Marie-Jeanne Bécu, Contessa du Barry, ben più nota come Madame du Barry.

La struttura della Real Casina Cinese

L’edificio si sviluppa su cinque livelli. I due prospetti a nord e a sud hanno due portici sporgenti semicircolari con sei colonne in marmo coronati da una cornice a pagoda. Il portico meridionale presenta due scalinate di tre rampe ciascuna, e il piano seminterrato un portico con due archi acuti di stile gotico. Sui fianchi due caratteristiche torrette con scale elicoidali conducono alla balconata del primo piano.

La parte centrale s’innalza sul resto dell’edificio e termina con la “Stanza dei venti” o specola, di forma ottagonale coperta a pagoda; lateralmente, a livello inferiore, si estendono i due ampi terrazzi con caratteristiche travi lignee traforate. L’esterno, particolarmente curato in ogni suo dettaglio, è contraddistinto da una notevole varietà cromatica delle decorazioni pittoriche sui toni del rosso, verde, malva e ocra, opera del decoratore napoletano Raimondo Gioia.

Dalla guida storica alla Casina Cinese

Quest’ultima foto ritrae una delle pertinenze originarie o dèpendance della Casina Cinese: oggi l’edificio ospita il favoloso Museo Etnografico Siciliano “Giuseppe Pitrè” (uno dei più importanti musei nazionali di etnografia) dal nome del medico, scrittore ed etnologo che lo fondò nel 1909 grazie a un’ampia e pregevole collezione. Gli oggetti furono sistemati in questo edificio nel 1935 grazie all’antropologo ed etnologo Giuseppe Cocchiara.
Ne scriverò più avanti…

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