Come si fa il ragù? Sophia Loren e Pupella Maggio danno un’idea della versione napoletana nel film “Sabato, domenica e lunedì”. E voi?

A solo vedere questa scena mi si è scatenata una fame immensa. Questo frammento è tratto dal film Sabato, domenica e lunedì” del 1990, di Lina Wertmuller tratto dall’omonima commedia di Eduardo de Filippo. Ma come si fa il ragù? È un momento gustoso quello di questo frammento filmico, anche come divertimento. Sapiente e giocosa mescolanza tra caratteristiche umane, richiami alla cucina, alla tradizione del gusto e risate per come viene riprodotto il contrasto tra donne del mio Meridione: la ricette e le soluzioni per i piatti sono un assioma, un articolo di fede; una donna (ma anche un uomo) del Sud ne fa una questione d’onore.

Per la versione napoletana la preparazione del ragù fa parte di un rito complesso e molto lungo.
Ingredienti protagonisti sono carne di manzo (colarda-culata o la pezza a cannella-spalla) e tracchia di locena o lacerto (reale o arrosto disossato di scottona). Quest’ultima è ricavata dal quarto anteriore dei bovini, più precisamente è parte dei muscoli del collo (muscolo grande complesso, il muscolo spinoso del collo, il muscolo multifido, il muscolo intertrasversario del collo – da dortacarni.it).
Il tutto viene cotto in salsa di pomodoro, ‘a pummarola in napoletano.
Secondo la tradizione dovrebbero occorrere sei ore di lentissima cottura in un tegame di rame o di coccio rimestando con un cucchiaione di legno, la cucchiarella.

Nel film, come avrete potuto vedere e sentire, Sophia Loren chiede alla titolare della macelleria parti di carne in più per arricchire il sapore finale del ragù. Un’altra signora appesantisce ancora di più con altre idee di ingredienti di carne, inizia a dare consigli per poi fare obiezioni.
Dopo, tra le avventrici scoppia il finimondo, ognuna con la sua soluzione per un’esecuzione ottimale della ricetta, un confronto all’ultimo ingrediente e su come usarlo.
Scena deliziosa che vede anche la partecipazione di Pupella Maggio.

Il ragù alla napoletana

Per un chilo di manzo e 300 grammi di costa di maiale occorrono due cipolle, due litri di passata di pomodoro, 3 cucchiai di doppio concentrato di pomodoro, 20 ml di olio d’oliva, sei tracchie, 250 ml di vino rosso, basilico e sale.

Fondamentale l’inizio della preparazione, la fase del sigillo, quando la carne in pezzi (NON macinata) deve essere messa a rosolare in un tegame, in una pentola, insieme alle cipolle a pezzetti. Queste ultime devono appassire senza bruciare, mentre la carne deve scurirsi, ma senza esagerare. A evitare l’eccesso di cottura si deve rimestare spesso bagnando col vino.

Royalty free foto – Giovanni Lo Turco/Eyeem-Getty Images

Appena la carne sarà dorata, ecco che si deve aggiungere condensato di pomodoro e la passata. Solo se servisse anche mezzo bicchiere d’acqua (ma non andate oltre!). Dopo tale aggiunta la fiamma va alzata per scaldare questi ingredienti freddi. Poi riabbassatela.

Da qui la lentissima cottura a fuoco molto basso, il pappoliamento o papoliamento, stando attenti di aver regolato di sale. A Napoli in questa fase di tranquillo sobbollimento quasi invisibile viene definito come “pappuliare” o “pippiare”, termini quasi onomatopeici che indicano le sommesse e numerose micro bolle che si creano sulla superficie con il tipico suono.
Coprite il tegame con il coperchio messo di sbieco lasciando una piccola parte aperta: non deve sigillare e non deve essere del tutto aperto.

Periodicamente sorvegliate la cottura rimestando con il cucchiaione in modo che non si attacchi sul fondo (ma la cottura lentissima dovrebbe scongiurare questa conseguenza) e monitorate per evitare che si asciughi eccessivamente e in anticipo rispetto al giusto tempo.
Se non sei ore come riportato in tradizione, il ragù deve metterci almeno circa tre ore per soddisfare la ricetta originaria e per giungere alla giuste consistenza, amalgama e sapore. Del resto la carne deve praticamente disfarsi nel pomodoro.

C’è chi fraziona il papoliamento in due momenti: dà una prima lunga cottura in serata e poi prosegue per altre tre ore la mattina dopo: star far fermo il ragù per una notte lo fa addensare di più e i sapori si uniscono al meglio.
Tanto per capirsi, si comincia la cottura il sabato sera e si conclude la mattina della domenica, in tempo per servire il tutto con questo sugo prettamente da festa. Del resto nel Meridione, durante la domenica e i festivi, ci si mette a tavola particolarmente tardi: è tradizione e rilassatezza per un giorno speciale tra parenti e/o amici.

Ad alcuni potrebbe sembrare strano, ma secondo la tradizione meridionale si può aggiungere anche dello zucchero – non eccedete: in genere, per la semplice salsa dedicata alla pasta per sei persone, ci vuole un cucchiaino raso – in modo da placare l’acidità del pomodoro (posso assicurare che questo tocco regala al palato sensazioni finali veramente uniche).
Il basilico andrebbe aggiunto in fase finale, praticamente come profumato decoro.

Concludo sottolineando che già nella fase iniziale della rosolatura c’è chi parte aggiungendo un pezzetto di lardo o di pancetta e un pezzo di costina e/o le spuntature, entrambe di maiale. Qualcuno aggiunge alla massa della carne anche salame o salsiccia… però Sophia se la potrebbe prendere a male?

Voi come fate il ragù?

Per essere preciso e per spegnere un po’ dei miei bollori spinti dalla fame, metto qui la definizione di Ragù a cura del Vocabolario Treccani (che non è il Cucchiaio d’Argento né il Gambero Rosso, ma è più chirurgico):

ragù s. m. [adattam. del fr. ragoût, deverbale di ragoûter, der. di goût «gusto» (quindi «risvegliare il gusto, l’appetito»)]. – Sugo per pasta asciutta o sformati, a base di carne di manzo macinata grossa, con aggiunta di lardo tritato (a volte unito a olio e burro), carota, sedano, cipolla, salsa (o polpa) di pomodoro, noce moscata, chiodi di garofano, sale e pepe (gli ingredienti variano secondo gli usi regionali: in Toscana anche fegatini e bargigli di pollo); solitamente il manzo è fatto insaporire con gli odori e i grassi e – dopo averlo bagnato con vino rosso (o brodo) – viene cotto lungamente aggiungendo verso fine cottura la salsa di pomodoro. Nella cucina napoletana il ragù è costituito da un pezzo di carne di manzo cotta intera (con ingredienti analoghi a quelli sopra indicati) e servita a fette insieme con il sugo, che è altresì usato come condimento di primi piatti.

Treccani, vocabolario
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17 commenti Aggiungi il tuo

  1. Antonio Gaggera ha detto:

    Hai risvegliato dei succulenti ricordi della mia infanzia. Mia nonna faceva un ragù simile, di suino e vaccino (forse anche la nostra salsiccia con semi di finocchio). Con il sugo si condivano i bucatini o la jolanda, una specie di pappardella con almeno un bordo riccio. Irrisolvibile la diatriba tra chi spoverava la pasta con il pecorino stagionato e che preferiva il parmigiano. Era uno dei più frequenti pranzi della domenica.

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      😄😄 è stato un meccanismo automatico non appena mi è capitato davanti agli occhi quel frammento di film. Allora ho subito ripensato alle ricette di mia nonna Margherita, dei suoi genitori ecc.
      Oltre al ragù ho ripensato pure alla sua tonnina con la cipollata, oppure alla sua zucca gialla fritta e in agrodolce con olive nere. Tante tante cose.
      I ricordi culinari di famiglia sono fondamentali!

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      1. Antonio Gaggera ha detto:

        La tunnina con la cipollata era da squaglio delle tonsille.

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          Era un rito favoloso prettamente estivo, periodo dell’anno in cui stavo in Sicilia. Con lo zio Nuccio partivamo dalla villa di Aci Castello per andare alle 6,30 al mercato del pesce di Acitrezza. Cercavamo e trovavamo la tonnina appena pescata e la portavamo alla villa dove eravamo tutti radunati. Lì era la nonna a prendere il potere 😁
          Lei pigliava il pesce e in cucina ci volevano ore affinché organizzasse il pasto delle 14 (non prima perché già così era ancora presto!). In questo modo avevamo tempo di calarcene in mare, stare al sole, fare immersioni ecc.
          Immagina il ritorno, magari con pasta fresca al sugo, melanzane fritte sopra (se non passate insieme alla salsa) e poi la tonnina con la sua crema di cipolla. Era una goduria assoluta

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          1. Antonio Gaggera ha detto:

            Noi usavamo la tunnina delle Egadi. Non si poteva tornare da Trapani senza. Tonno, rigorosamente, rosso, altro che pinna gialla.
            La storia delle melanzane fritte mi ricorda le differenze culinarie tra famiglie. A casa mia si mettevano sopra (c’era chi metteva le fette intere e chi le tagliava prima), mentre mia suocera le calava nel sugo. Io, per campalismo familiare, preferivo la prima versione.

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            1. Giuseppe Grifeo ha detto:

              Poggiarle sopra era l’uso più comune. Poi mia nonna sperimentò (con gran successo) di frullarle nella salsa già pronta. Posso assicurare che è una delizia anche così e la salsa diviene più densa

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    2. Giuseppe Grifeo ha detto:

      E comunque vedo che tua nonna era fautrice della presenza del maiale nel ragù

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  2. Antonio Gaggera ha detto:

    Assolutamente sì e la pasta era artigianale. Si comprava in un negozio che la vendeva sfusa.

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Noi il più delle volte avevamo Angelina a fare la pasta in casa. Era a servizio in casa di nonna da quando mia madre era ragazza. Praticamente una di famiglia. Quando andava a trovare i parenti in Argentina, al suo ritorno portava sempre un regalo per me e mio fratello. Immaginala alta, parecchio corpulenta, impastava e stendeva la pasta oltre a fare tante altre cose. Instancabile creatrice di delizie, molto affezionata e capace di sopportare il carattere assolutista e matriarcale di mia nonna. Quando poi andò in pensione, la nonna le regalò un appartamento.

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      È il risveglio di desideri? 😁

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      1. endorsum ha detto:

        direi proprio di sì! 😀

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        1. Giuseppe Grifeo ha detto:

          L’effetto che mi ha fatto quel pezzetto di film, motivo ispiratore di questo articolo. Ho scritto con fame 😁

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        2. Giuseppe Grifeo ha detto:

          Allora buon ragù! 😜

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          1. endorsum ha detto:

            gnam! 😀

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  3. wwayne ha detto:

    In questa foto Sophia Loren è di una bellezza sconvolgente: https://wwayne.wordpress.com/2021/03/15/un-grande-ritorno/

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    1. Giuseppe Grifeo ha detto:

      Splendida. Avevo visto anche questo pezzo (non ricordo quando). Per sincerarmene ho premuto sulla stellina-mi piace e si è tolta. Ho ripremuto 😜

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