Sicilia e Campania riabbracciano opere d’arte rubate. Altra vittoria dei Carabinieri TPC-Tutela Patrimonio Culturale

Opere d’arte di generi completamente diversi, ma accomunate da un punto: essere state rubate e vendute nel mercato europeo-internazionale di beni artistici e archeologici trafugati. Non smetterò mai di raccontare episodi con al centro il ritrovamento di reperti e creazioni di artisti riportate in Italia, importanti vittorie che si stanno ripetendo sempre più spesso e che vedono come protagonisti i Carabinieri TPC- Tutela Patrimonio culturale (link).

Questa volta metto al centro due episodi caratterizzati da recuperi diversi.

Inizio dal caso siciliano con 38 importanti reperti archeologici rubati da un relitto scoperto nel 1957 nel mare delle Eolie. Aggiungo che presto arriverà anche la “Pisside Centuripina”, vaso nero policromo tardo-ellenistico del II – I secolo a.C. rubato a Centuripe, nel centro della Sicilia. Tutti reperti rintracciati al Museo Allard Pierson di Amsterdam (link).

Nel caso campano invece, la “scena” è tutta per due angeli da capo altare in marmo bianco, opera di bottega campana del XVII secolo, rubati nel 1989 dalla Chiesa di San Sebastiano a Guardia Sanframondi (Benevento) e finiti nel patrimonio di un collezionista d’arte francese, oltre a due putti di epoca simile, strappati via dalla Chiesa del Convento di San Francesco, sempre a Guardia Sanframondi.

La “Pisside Centuripina” e i 38 reperti che, trafugati in Sicilia, erano finiti ad Amsterdam

Tutti questi antichi pezzi d’arte erano esposti all’Allard Pierson Museum di Amsterdam. Un vero e proprio patrimonio che era stato sottratto alla Sicilia e immesso nel mercato illecito di reperti e opere d’arte finendo poi nel museo olandese.

Il ritorno in Sicilia dei 38 oggetti è avvenuto il 18 ottobre 2021 all’Arsenale della Marina Regia di Palermo, quando il professore Wim Hupperez, direttore dell’Allard Pierson Museum, ha letteralmente riconsegnato tutto nelle mani di Valeria Li Vigni, soprintendente del Mare, di Alberto Samonà, assessore regionale dei Beni culturali e dell’Identità siciliana, il tutto alla presenza del Maggiore Giangluigi Marmora, comandante dei Carabinieri – Nucleo Tutela del patrimonio Culturale di Palermo.

Come si è arrivati a scoprire la presenza di questi oggetti nel museo olandese?

I reperti provenivano dal sito subacqueo della Secca di Capistello a Lipari, parte di un relitto risalente al III secolo a.C. i cui resti si trovavano sul fondo del mare tra i 60 e i 90 metri di profondità. Si tratta di un sito archeologico subacqueo tra i più importanti di Sicilia, scoperto negli anni 60 grazie a un gruppo di sub siciliani. Seguì una prima indagine da parte di un team di archeologi subacquei tedeschi.

Come sottolineato dalla Soprintendenza del Mare e dall’assessorato retto da Alberto Samonà, l’area archeologica è stata depredata più volte negli anni. Ai resti dell’imbarcazione è stato pure affibbiato un soprannome, quello di “relitto maledetto” per alcuni incidenti occorsi ai sommozzatori durante le prime esplorazioni. Negli anni più recenti il sito è stato messo sotto controllo dalla Soprintendenza del Mare grazie anche all’uso di mini sommergibili e di subacquei altofondalisti. Una notevole esposizione di reperti provenienti dalla Secca è oggi visibile al Museo Eoliano di Lipari.

Tutti quei furti nel sito subacqueo si tradussero nella scomparsa di molti oggetti.

In occasione della mostra “Mirabilia Maris”, organizzata da un consorzio europeo di musei con capofila la Soprintendenza del Mare, quei reperti furono riconosciuti da Sebastiano Tusa come provenienti proprio dai fondali siciliani. Sempre Tusa avvertì il Comando Carabinieri Tutela Patrimonio Culturale che informò la Procura della Repubblica di Barcellona Pozzo di Gotto. Da quel momento iniziarono le indagini che hanno portato alla restituzione degli oggetti trafugati dai fondali delle Eolie.

Sarebbe potuta finire in maniera più “complessa”, con una procedura penale. Invece, già nel 2020 la restituzione dei reperti fu definita grazie a un accordo tra la Direzione del Museo olandese e la Soprintendenza del Mare riportando tutto a una semplice procedura amministrativa.

“I nostri tesori tornano finalmente a casa: grazie alla competenza di Sebastiano Tusa e all’intervento del Nucleo di Tutela del Patrimonio culturale dei Carabinieri, un prezioso pezzo di storia illecitamente sottratto  ha sottolineato l’assessore Samonà – è rientrato in Sicilia e sarà restituito alla collettività. Sono felice di ospitare nella nostra Isola il direttore del Museo di Amsterdam Wim Hupperez con il quale, sono certo, si troveranno ulteriori fruttuose occasioni per condividere esperienze culturali, nella prospettiva di un rapporto proficuo nel nome della cultura. L’importante azione di vigilanza, costantemente effettuata insieme alle forze dell’ordine, ci ha permesso in questi anni, di riportare a casa diverse testimonianze del nostro patrimonio culturale. Acquisire i reperti sottratti alla Sicilia, vigilare e attivare scambi proficui con i musei di tutto il mondo, è la strada su cui il governo regionale è costantemente impegnato”.

“Abbiamo raggiunto l’obiettivo di Sebastiano Tusa – ha detto Valeria Li Vigni, soprintendente del Mare – di riportare nelle nostre sedi i reperti della Secca di Capistello, che ha fornito innumerevoli e importanti dati sulla documentazione del relitto. Siamo particolarmente grati al direttore dell’Allard Pierson Museum per aver tenuto fede alla promessa fatta a Sebastiano nel 2015”.

La storia della “Pisside Centuripina”

La “Pisside Centuripina”, periodo tardo-ellenistico, II – I secolo a.C.

Capitolo a parte merita la “Pisside Centuripina”, prezioso vaso nero policromo appartenente al periodo tardo-ellenistico del II – I secolo a.C.

Anche questo era finito in Olanda, sempre esposto al Museo Allard Pierson di Amsterdam.

Wim Hupperets e Alberto Samonà

Questo antico vaso non è ancora in Sicilia, ma il 19 ottobre 2021, giorno successivo alla restituzione dei 38 reperti eoliani, il direttore del Museo Wim Hupperets ha firmato con l’assessore Alberto Samonà un accordo preliminare per il ritorno del prezioso oggetto. Il documento da poco sottoscritto ha stabilito l’avvio di un procedimento tecnico-amministrativa per consentire in un primo momento un’esposizione temporanea, con un prestito a lunga scadenza del tipo “long term loan agreement”. A fronte del rientro della Pisside, la Regione Siciliana ha dato la propria disponibilità a garantire il prestito temporaneo per lo stesso periodo di tempo di uno o più beni archeologici siciliani.

L’identità di un territorio passa anche attraverso la tutela della memoria legata alle testimonianze storico-archeologiche – ha rimarcato l’assessore Samonà, promotore dell’iniziativa di restituzione – In un anno e mezzo di mandato, ho sostenuto in tutte le sedi la necessità di recuperare ai territori il proprio patrimonio culturale e di valorizzarne le peculiarità; questo, grazie a relazioni nazionali e internazionali, accordi di collaborazione interistituzionale e programmi comuni per incentivare la conoscenza dei beni culturali. Il ritorno in Sicilia di questo importante reperto è un segnale che questa politica del governo regionale è una strada fruttuosa da perseguire ulteriormente”.

Il “passaggio di mano” o meglio, il percorso del furto e delle vie che hanno portato l’antico vaso fino ad Amsterdam, è stato ricostruito dal Nucleo Tutela Patrimonio culturale del Comando dei Carabinieri di Palermo.

La “Pisside” proviene da una necropoli ellenistica di Centuripe (provincia di Enna), sarebbe stata trafugata alla fine degli anni 70.

Da quel momento il reperto è finito nelle mani di un collezionista tedesco che l’avrebbe venduta al museo “Allard Pierson” di Amsterdam, dove oggi è ancora esposta.

Gli angeli della Chiesa di San Sebastiano a Guardia Sanframondi

Lo scenario cambia ma si rimane al Sud. Saliamo dalla mia amata Sicilia alla Campania dove affondano alcune delle radici della mia famiglia.

Mentre in Sicilia tornavano i 38 reperti archeologici, il 19 ottobre, nella chiesa di San Sebastiano a Guardia Sanframondi (Benevento), il colonnello Danilo Ottaviani, vicecomandante dei Carabinieri TPC-Tutela del Patrimonio Culturale, ha consegnato antiche opere d’arte che erano state trafugate da due chiese. Lo ha fatto durante una cerimonia mettendole simbolicamente nelle mani del parroco Don Giustino Di Santo. Presenti anche S.E.R. Monsignor Giuseppe Mazzarafo, Vescovo di Cerreto Sannita-Telese-Sant’Agata de’ Goti e Raffaele Di Lonardo, sindaco di Guardia Sanframondi.

A dominare il momento, due angeli da capo d’altare in marmo bianco, con decorazioni a drappo di foglie e frutta, opera di bottega campana del XVII secolo, strappati via e rubati il 13 dicembre 1989 proprio dalla Chiesa di San Sebastiano.

Sottolineo che tra gli anni 80 e 90 molti luoghi di culto erano stati chiusi dopo il terremoto del 23 novembre 1980. Proprio queste chiusure e l’isolamento hanno favorito l’azione di criminali che hanno iniziato a saccheggiare chiese di Guardia Sanframondi: molte opere e sculture in marmo sono state smembrate e staccate da altari e chiese per riuscire a portarle via in modo da venderle nel grande e ricco mercato clandestino dell’antiquariato.

Dove erano finiti questi angeli dopo il loro furto?

Erano arrivati in Francia per le solite vie, almeno quelle iniziali, del traffico clandestino di opere d’arte, circuito fatto da organizzazioni che ripuliscono il passato di questi oggetti “travestendoli” con documentazione apparentemente legale.

Gli oggetti erano poi finiti nelle mani di un collezionista inglese: senza avere alcuna idea del furto, li aveva acquistati circa 20 anni fa da un antiquario napoletano, durante un soggiorno in Italia.

Due decenni sono passati e non si è avuta più traccia di questi angeli del 1600. A un certo punto un fatto li ha fatti venire alla ribalta favorendo l’individuazione.

Il collezionista doveva trasferirsi in Portogallo, così aveva deciso di vendere gli angeli affidandoli a un antiquario di Avignone.

Proprio in quel momento le due opere d’arte sono state rintracciate dai Carabinieri e bloccate grazie all’intervento dei colleghi transalpini dell’Arma, la polizia francese O.C.B.C. – Office Central de lutte contre le trafic des Biens Culturels (link).

A quel punto il collezionista inglese è venuto a sapere che gli angeli erano stati rubati, così ha deciso di restituirli alle autorità italiane. Dopo una trattativa stragiudiziale condotta da militari della Sezione Antiquariato del Reparto Operativo TPC, con il coordinamento della Procura della Repubblica di Benevento, le opere sono state rimpatriate a luglio 2021. Operazione agevolata grazie anche all’Ambasciata di Francia a Roma.

La riconsegna ufficiale dopo l’arrivo dalla Francia è avvenuta durante una cerimonia nella sede diplomatica, con l’ambasciatore francese Christian Masset e il generale di Brigata Roberto Riccardi, Comandante dei Carabinieri TPC.

In più sono state restituite due sculture in marmo bianco raffiguranti putti alati o cherubini, opera di bottega campana del XVII – XVIII secolo, rubate prima del 19 gennaio 1999 dalla Chiesa del Convento di San Francesco a Guardia Sanframondi: i ladri le avevano strappate via dai lati del terzo altare della navata destra.

Questi due putti erano in un negozio di antiquariato nel cuore di Milano. Le due opere sono state rintracciate dai Carabinieri TPC durante le indagini coordinate dalla Procura della Repubblica di Roma – pool Tutela del Patrimonio Artistico, diretto dal procuratore aggiunto dottor Angelantonio Racanelli.

Dopo il furto i due putti furono venduti nel 2001 da un celebre antiquario romano che li aveva avuti dopo la morte del padre, anche lui antiquario e collezionista di marmi.

Come sottolineato dai Carabinieri TPC, di fondamentale importanza per l’individuazione di tutti i beni è risultata la comparazione delle immagini degli oggetti sequestrati con quelle contenute nella “Banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti”, gestita dal Comando TPC, il più grande database del mondo, con oltre 6 milioni di beni culturali censiti.

Di grandissimo aiuto per l’individuazione di queste due opere rubate è stata anche la catalogazione dei beni storico-artistici delle chiese di Benevento e provincia, compiuta e mantenuta in modo lungimirante – sin dai primi anni 70 – dall’allora Soprintendenza alle Gallerie per la Campania, oggi denominata Soprintendenza Archeologia Belle Arti e Paesaggio per le Province di Caserta e Benevento.

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