Risveglio siciliano, almeno per la ricerca di elementi storici adatti ad arricchire anche l’offerta turistica oltre che come rivalutazione identiraria e culturale. Due casi, uno è Campofelice di Roccella sulla costa palermitana con vista sul Mare Tirreno, l’altro è Partanna, in provincia di Trapani, a poca distanza dall’antica Selinunte e da Mazara. Mini storia di famiglie e territori.

ENG - Our land, our soul, to be rediscovered and preserved. Stories of Sicily to be told again. Two places, two museums in ancient and magical castles (one is being defined). Sicilian awakening, at least for the search for historical elements suitable for enriching the tourist offer as well as for the revaluation of identity and culture. Two cases: one is Campofelice di Roccella on the Palermo coast overlooking the Tyrrhenian Sea; the other is Partanna, in the province of Trapani, a short distance from ancient Selinunte and Mazara. Families and territories mini history.
C’è un fatto curioso, la mia sicilianità si risveglia sempre più spesso. Non so se sta accadendo per l’età o per mancanza che provo per quei luoghi che mi stanno nell’anima. Fatto sta che accade. Uno dei momenti di maggior risveglio nostalgico è rappresentato dalla fine di ogni anno, per le festività del Natale e per il passaggio all’anno successivo.
Ed ecco che qui tornano i ricordi e le conoscenze accumulate, le sensazioni, le scoperte.


Si tratterà di ritorno a identità perdute? Voglia di ritrovare le proprie radici storiche?
Ebbene sì. È un moto dello spirito, una sensazione che non vivo da solo. Mi accomuna a moltissimi siciliani che vivono fuori dall’Isola.
Da molti anni anche in Sicilia i comuni di varie province si sono attivati per una valorizzazione del territorio, un’opera che ha portato e sta portando ottimi frutti, alla scoperta e all’utilizzazione di dimore storiche e castelli. Un tentativo necessario di diversificare l’offerta turistica così ricca nell’Isola, però ancora poco organizzata, ma anche un modo di ritrovare la propria identità, il proprio retaggio culturale.









Il Castello di Roccella sulla costa palermitana protesa verso Cefalù
Il più recente scenario di riorganizzazione e riproposizione del territorio mi riporta alla mente Campofelice di Roccella, in provincia di Palermo, dove l’amministrazione comunale ha avviato la valorizzazione del Castello di Roccella, dell’antica torre del maniero, trasformando il tutto in un museo sulla storia locale e sulla storia della Famiglia Moncada (e non solo), l’ultima proprietaria e abitatrice dell’edificio fortificato.
Per dipingere bene lo scenario, la fortezza fu eretta su un affioramento roccioso che taglia un’area della spiaggia di Roccella bagnata dal Mar Tirreno. In questo modo il castello dava l’idea di incunearsi nel mare come una nave in fase di varo, impressione che dà anche oggi.

Il grande torrione, quello che svetta verso il cielo, è all’estremità meridionale dell’affioramento roccioso e dell’antico complesso fortificato. Buona parte della struttura fu gravemente danneggiata e distrutta da un bombardamento alleato del 1943, azione provocata dai nazifascisti che vi fecero costruire ai lati, da truppe italiane, due bunker del tutto inutili: l’intento dei nazisti era far sembrare a inglesi e ad americani che il castello fosse una struttura di comando militare importante; l’idea di provocarne il bombardamento era quella di punire Giovanni Moncada, proprietario del maniero, personaggio sospettato di azioni contrarie ai nazifascisti.
L’origine del Castello è molto antica, risale a prima della venuta dei musulmani in Sicilia, quando era un casale posto accanto alla fortificazione di sorveglianza e avvistamento protesa verso il mare. Dopo il passaggio di proprietà nel 1200 alla Diocesi di Cefalù e al Monastero di Santa Maria di Montevergini, nel 1300 l’edificio finì in mano ai conti Ventimiglia di Collesano. All’inizio del 1500 un nuovo passaggio, questa volta nelle mani degli Alliata e poi ai Moncada. Nel trascorrere di quei secoli la struttura aveva preso la sua fisionomia di palazzo fortificato con estremità opposte Nord-Sud rastremate e protette da due torrioni merlati. Lo sperone roccioso del castello era circondato da un piccolo borgo contenuto/addossato a mura difensive connesse allo stesso maniero.
Era il fulcro di attività economiche che nei secoli compresero anche quella della preziosa canna da zucchero.
Nell’odierna avventura di rievocazione e racconto del passato riguardante il Castello di Roccella e il territorio di Campofelice, c’è un protagonista, Danilo Moncada-Zarbo di Monforte (link), nipote di Giovanni Moncada: ha fornito alcuni abiti e cimeli che rimandano al passato della famiglia, elementi unici che danno spunto e vita all’area espositiva. Senza contare il suo apporto per una corretta e più particolareggiata ricostruzione storica dei luoghi e degli uomini. Stessa operazione da lui fatta per il Museo cittadino di Montcada i Reixac in Catalogna, vicino Barcellona, terra d’origine della famiglia.
I quadri degli avi e le antiche foto stanno passando per un processo di “animazione digitale”: racconteranno la lunga storia del Castello e del territorio ai visitatori del museo e lo faranno da pannelli/schermi interattivi.
La sala espositiva principale sarà dedicata alla Principessa Ninetta Moncada di Monforte, madre di Danilo, passata ad altro piano d’esistenza nel novembre del 2022, donna molto amata, l’ultima dei Moncada a nascere proprio nel Castello di Roccella.


A completamento e a inaugurazione del Museo di Roccella, ne darò immediatamente notizia qui sul mio blog.

Castello Grifeo di Partanna scrigno di antiche storie dell’uomo, nel cuore del paesaggio trapanese a pochi chilometri da Mazara e dalle vestigia dell’antica Selinunte
Un altro esempio di valorizzazione e divulgazione viene da Partanna, in provincia di Trapani, fra le valli dei fiumi Modione e Belice (gli antichi Hypsa e Selinus), che ha fatto del suo Castello Grifeo il fulcro di iniziative culturali e Museo permanente per l’esposizione di reperti del Paleolitico (inaugurazione 28 dicembre 2007). È tra le fortezze meglio conservate della Sicilia occidentale.
Nel Salone delle Feste di questo maniero, una raccolta unica e rara di dipinti, alcuni tornati nella cittadina dopo decenni. Senza dimenticare i 73 volumi con la storia quotidiana della Famiglia, raccolta ancora da completare, riguardante il vecchio Archivio Grifeo contenente anche documentazioni su costi e guadagni dei feudi di famiglia, condanne di giustizia, lettere anche dalle corti europee, matrimoni con conseguenti conferimenti di beni. Sono libri redatti interamente a mano, i primi sono del XV secolo. La digitalizzazione e la trascrizione segue un lungo e minuzioso lavoro di esperti che devono comprendere e letteralmente tradurre la lingua arcaica dei volumi più antichi.
Per avere una chiara idea su quanto esposto oggi a Castello Grifeo sulla storia del Belìce dalla Preistoria a oggi inserendo anche una sezione dedicata al rapporto tra la Sicilia e la sua gente con le colture locali il mondo del vino, basta dare un’occhiata a questo articolo (link).




Per nove secoli il castello partannese ha dominato, in diverse forme e rimaneggiamenti, il panorama della vallata circostante la cittadina. Storia lunghissima legata indissolubilmente alle vicende dei Baroni e poi Principi Grifeo di Partanna che iniziarono la loro avventura siciliana con il titolo di Baroni. Erano miei lontanissimi e diretti avi. Provenivano dall’antica Bisanzio.
Un’avventura piuttosto unica e singolare che ha visto convergere il parere di numerosi esperti di Genealogia sulle origini epiche e storiche della Famiglia. Leggenda, storia, verità, mitologia, tradizione orale e scritta si mescolano in un’unica versione.
La genesi Grifeo risale ad ancora prima della conquista normanna della Trinacria (anno 1091) e della conseguente fine del dominio arabo. Il punto d’origine starebbe nel cuore dell’Impero Bizantino, in un ramo secondario o, come è più corretto dire, “cadetto”, della Famiglia imperiale dei Foca.
E qui la citazione è d’obbligo, in tutto simile a quelle di altri studiosi del settore nel corso dei secoli. Da “Il Blasone in Sicilia – Dizionario storico-araldico della Sicilia”, di V. Palizzolo Gravina, Barone di Ramione, Palermo 1871-75, Editori Visconti & Huber, Tipografia Ignazio Mirto: “Graffeo o Grifeo – Famiglia nobilissima e come dice il Minutoli (ndr: altro illustre genealogista), concordemente ad altri storici, trae sua origine dagl’Imperatori greci, vissuto avendo in Palermo con grande splendore, annoverandosi come la più antica famiglia siciliana perché trovata nobile dal conte Ruggiero, e posseditrice della terra di Partanna. E per tacere di una remota antichità, ci piace col Mugnos (ndr: altro illustre genealogista) fermarci ad un Leone Foca (970), figlio di Bardafoca II, il quale dato l’ultimo crollo a’ Bulgari, e vinto in battaglia il loro signore e capitano Grifeo, ne prese il nome e l’arme. Fu per questo ch’ei ottenne dal greco Imperatore l’isola di Candia (ndr: Creta), e numerosi castelli. Da lui un Euripione Graffeo, che con una squadra di canditoti venne militando in Sicilia, unitamente a Maniace generale dell’armata greca contro i Saraceni, facendone orribil scempio”.
Quindi, la remota origine fu Bisanzio, poi Creta in un passaggio degli avi verso l’Occidente del Mediterraneo e, infine, la Sicilia.
L’impresa con il generale Maniace citata dal genealogista Palizzolo Gravina non andò per il meglio. L’armata bizantina non riuscì nei suoi intenti.
Ottimo, invece, il successivo tentativo con l’esercito del Gran Conte Ruggero che consentì di strappare l’Isola al dominio arabo e fruttò ai Grifeo l’appartenenza al gruppo dei baroni che ebbero il dominio della Sicilia.
Due le ipotesi sul nome di Partanna. Alcuni sposano l’etimologia greca (da παρθένος o Parthenos, quindi Vergine). Altri preferiscono quella araba (Barthannah – أرض آمنة o Terra Sicura): nella zona già nell’anno 989 era già presente un casale (pare fortificato), “Barthannah” appunto, inserito in un elenco di ventinove città (mudūn) della Sicilia trascritto nel “Kitab ‘ahsan ‘at taqasim” (Le divisioni più acconce a far conoscer bene i climi [della Terra]) scritto da Al-Muqaddasi o al-Maqdisī, il Gerosolomitano, geografo e storiografo originario di Gerusalemme che visse alla fine del X secolo d.C. (nome completo dello studioso, شمس الدين ﺍﺑﻮ ﻋﺒﺪ ﺍﻟﻟﻪ محمد بن امحد بن اﺑﻲ ﺑﻜﺮ ﺍﻟﺒﻨﺎء ﺍﻟﺸﺎﻣﻲ المقدسي).
Nel Castello Grifeo, un affresco sul muro del salone principale ritrae l’episodio che diede origine all’intitolazione del Feudo: le immagini narrano l’episodio in cui Giovanni I Grifeo salvò il Gran Conte durante un duello contro il condottiero arabo Mogat. La stessa scena è ritratta nel gruppo scultoreo che sovrasta il frontale della Cattedrale di Mazara che reca anche nell’interno tracce del dominio dei Grifeo per la ripetizione dello stemma di famiglia, dall’abside alla volta centrale e per la comparsa di grifoni su finestroni e altre decorazioni architettoniche.


Ritornando all’affresco delle origini familiari nel castello partannese, l’antico avo dei Grifeo è lì raffigurato mentre imbraccia uno scudo: sotto il simbolo araldico del Grifone, una scritta commemorativa. Quelle parole sottolineano come l’investitura ufficiale fu confermata successivamente, nel 1137, in favore di Giovanni II Grifeo ad opera di Re Ruggero II. Titolo assegnato, quello di Barone.
Nel 1243 l’Imperatore Federico II confermò il titolo a Goffredo I, il IV Barone di Partanna (a questo link il documento), per i suoi meriti di condottiero al fianco del Sovrano.
Quasi cinque secoli dopo, il 20 maggio 1628, Guglielmo Grifeo Ventimiglia divenne il primo Principe grazie alla concessione di Re Filippo IV di Spagna. Anche Partanna subì una trasformazione diventando così Principato e cittadina, annoverando più di diecimila abitanti.
Con il passare dei secoli si aggiunsero altri titoli, solo per citarne alcuni, quello di Duchi di Ciminna e di Floridia, il primo acquisito a fine 1500 e il secondo a fine 1700 insieme alla la Baronia delle quattro parti del Feudo della Cavalera e al territorio di Mandarado, il tutto grazie al matrimonio di Benedetto Maria III Grifeo con Lucia Migliaccio, Duchessa di Floridia. Quest’ultima, rimasta vedova, andò in nozze morganatiche con Re Ferdinando IV di Borbone, legando indissolubilmente i Grifeo al Casato reale: da allora la nascita a Napoli di “Parco Grifeo” (oggi splendido quartiere partenopeo), la celebre Villa Floridiana, dove il Sovrano ritornava la sera fra le braccia della sua Lucia e Palazzo Partanna nell’elegante piazza dei Martiri, sempre a Napoli.
Le concessioni di nuovi titoli andava di pari passo con imprese anche militari compiute con successo o grazie a matrimoni eccellenti che segnavano alleanze tra famiglie e feudi.
Dalla metà del 1300, la Baronia di Misirindino con privilegio e il titolo di Visconte di Galtellin (oggi Galtellì – in Sardegna) con investitura, furono concesse da Re Pietro IV d’Aragona per meriti militari di Benvenuto I Grifeo che al comando di un’armata marittima riportò il controllo del Re sulla Catalogna e sulla Sardegna.
E ancora, il titolo di Duca di Gualtieri (Maritali Nominae). Dal 1600 il Marchesato di Serradifalco, senza contare l’appartenenza a vari ordini cavallereschi a cominciare dalla Grandezza di Spagna di Prima Classe, il Real Ordine di San Ferdinando e del Merito, l’Ordine Costantiniano di San Giorgio, il Real Ordine Toscano del Merito e il Sacro e Militare Ordine dei SS. Maurizio e Lazzaro.
“Partanna divenne anche luogo preferito da molti Casati – sottolinea Domenico De Gennaro, noto medico, ex assessore partannese alla Cultura, uomo dedito alla ricerca storica – sia per il suo clima che per l’aria cosmopolita che i Grifeo portarono nella cittadina. Lo testimoniano i numerosi antichi palazzi e documenti che riportano antichi cognomi della Sicilia”.